LincMagazine

L’economia della Personal Web Reputation

Scritto da Redazione di LinC | 29/01/20 11.40

Se si è raccolto il suggerimento di effettuare il test sulla Personal Web Reputation di ciascuno di noi, possiamo avere una prima idea di come siamo percepiti dagli altri.
Quest’attività, pur condotta sul nostro Io Social, non è affatto avulsa dalla vita reale perché ha importanti effetti sulle nostre opportunità future. A questo proposito Bret Easton Ellis utilizza l’interessante definizione di “economia della reputazione per descrivere il fenomeno che viviamo: non sono solo gli altri a doverci temere per i nostri commenti negativi, ma anche noi a nostra volta veniamo giudicati e la nostra Web Reputation acquisisce un preciso valore economico. Cosi, se affitto una casa tramite un’app non è solo l’ospite ad essere giudicato (e, quindi, a temere il mio giudizio), ma anche io sono soggetto ad una valutazione pubblica, che potrebbe influire sulla mia futura possibilità di essere accolto da altri ospiti. Insomma, la nostra attendibilità (e, quindi, la nostra Personal Web Reputation) è data non solo da ciò che facciamo e postiamo tramite il nostro Io Social, ma anche dall’opinione che il ristoratore o il nostro ospite o l’autista della macchina noleggiata esprime su di noi, sulla nostra educazione o su come abbiamo utilizzato i beni o i servizi da loro offerti. Questo crea un nostro preciso valore economico: “è una persona gradita?”, “è un buon pagatore?”, “fornisce il servizio che promette?”. In funzione delle risposte (spesso tradotte in stelline) che si trovano su di noi in Rete possiamo avere maggiori o minori possibilità di sfruttare le opportunità offerte da Internet.
Dall’economia della reputazione discende quindi un nuovo strumento di “controllo social”, evoluzione del controllo sociale fisico, spauracchio di tutti fino alla Generazione Z.  Questo sembra avere solo lati positivi, poiché ci spinge ad evitare comportamenti sconvenienti e ad essere coerenti con quanto scritto e offerto su Internet. L’effetto di ciò è che oggi, ad esempio, è certamente più difficile offrire servizi truffa perché i commenti degli utenti ci guidano e ci inducono a diffidare dai soggetti che hanno ricevuto valutazioni negative. All’opposto, il fatto che la persona cui ci rivolgiamo abbia molte stelle ci induce un’innata fiducia e ci stimola a preferirla a quelli con valutazioni più basse. Vista da questa angolazione il controllo social appare come una cosa positiva e, quindi, l’economia della reputazione sembra funzionare per selezionare i migliori ed escludere dal mercato i disonesti.
Provando però a riflettere in modo più approfondito ci rendiamo conto che la nostra fiducia è basata su giudizi espressi da persone assolutamente sconosciute e che, quindi, non meritano affatto quella credibilità che incondizionatamente gli attribuiamo. Se poi si considera, come sostenuto da Ellis, che questo controllo social è spesso il risultato di puro conformismo, allora potremmo iniziare a guardare oltre il lato positivo dell’economia della reputazione. Infatti, il “terrore” di ricevere una valutazione negativa ci spinge ad esprimere incondizionati giudizi positivi: così ad esempio, se affitto una casa cercherò di essere il più polite possibile per avere a mia volta una recensione da cinque stelle, visto che il mio host leggerà la mia recensione prima della pubblicazione della propria.
L’economia della reputazione non è, quindi, qualcosa che, in applicazione delle teorie liberistiche, fa sì che il migliore emerga ed il peggiore soccomba grazie ad una “mano invisibile”, ma è un fenomeno che manifesta distorsioni e pericoli e che impone non solo un’analisi del nostro Io Social (come visto alla fine del precedente articolo), ma anche una vera e propria gestione della nostra Personal Web Reputation. Del resto, è naturale per tutti noi, prima di incontrare una persona che non conosciamo, “googlarla” per farci un’idea complessiva su di lei e non solo per capire quali possano essere gli argomenti in comune che faciliteranno il dialogo. Evidente che sul nostro interlocutore emergano notizie o giudizi negativi partiremo prevenuti e forse l’incontro si risolverà in una perdita di tempo. Parimenti, se ambiamo a cariche pubbliche o a ruoli di prestigio è opportuno che ciò che raccontiamo tramite il nostro Io Social sia il più possibile vicino alla realtà (per evitare gaffe sul nostro CV) e che venga “ripulito” di tutto quello che, frutto di notizie, post o di giudizi di altri sgraditi, non appaia coerente con la Personal Web Reputation desiderata.
Per cambiare la nostra “storia” su Internet dobbiamo pensare non solo ad un’attività di tipo difensivo, cui si è già fatto cenno nel precedente articolo, si dovranno eliminare gli accounts, i commenti e le notizie non graditi, con l’esercizio del diritto all’oblio. È infatti necessario fare ricorso ad una strategia proattiva di rilancio del nostro Io Social, facendo in modo che le notizie meno gradite “scivolino in classifica” nel motore di ricerca per essere sopravanzate da nuove informazioni positive, create in modo studiato allo scopo di migliorare l’economia (cioè il valore) della nostra Personal Web Reputation. Dovremo essere abili non solo nella “creazione” di notizie o post che siano coerenti con quanto vogliamo comunicare, ma anche nell’utilizzo delle tecniche SEO (Search Engine Optimization) e di tutte le altre tecniche che permettono una maggior diffusione del messaggio.
L’equilibrio è molto delicato perché rischiamo facilmente di oltrepassare il confine che renderebbe la nostra Personal Web Reputation artificiosa o peggio falsa. In definitiva, il nostro Io Social deve essere un profilo digitale ben definito e manutenuto, perché solo questo rappresenta capitale spendibile, che soddisfa l’economia della reputazione. Per curare la Personal Web Reputation ci vuole consapevolezza e accortezza ed è per questo che emergono con sempre maggior frequenza figure professionali specifiche che se ne occupano.