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Pagamenti digitali e non solo, cosa cambia con il coronavirus

Scritto da Redazione di LinC | 21/04/20 10.26

Durante la pandemia siamo diversi, ma pure alla fine dell’emergenza molte cose resteranno differenti da come le abbiamo finora concepite. Ormai è fuori discussione che il virus Sars-Cov-2 stia introducendo – e introdurrà – fondamentali cambiamenti nella nostra società e nel nostro vivere quotidiano. Facendo evolvere il concetto stesso di “normalità” in una versione più tecnologica e adatta alle potenzialità del Ventunesimo secolo. Dai trasporti allo smartworking, saremo presto portati a ripensare gran parte delle nostre vecchie abitudini, facendo tesoro di ciò che abbiamo imparato in questi mesi.

Tra i tanti settori che stanno vivendo un’accelerazione senza precedenti ci sono senz’altro quello dell’e-learning, con un proliferare di piattaforme e soluzioni, e soprattutto il filone dei pagamenti elettronici. Anche se dal punto di vista strettamente tecnologico non c’è stata alcuna novità sostanziale, è il nostro approccio verso il denaro e il fare acquisti ad aver segnato una discontinuità rispetto al lento trend di rinnovamento a cui si era ormai abituati. Ed è difficile credere che le nuove consuetudini d’acquisto maturate nei primi mesi del 2020 verranno poi abbandonate una volta terminata la fase di emergenza.

A determinare un’evoluzione dei pagamenti dalla forma fisica verso quella digitale è anzitutto la necessità di fare acquisti pur rimanendo in casa. Secondo l’osservatorio eCommerce del Politecnico di Milano, per esempio, già nella seconda metà di marzo (con i provvedimenti che hanno limitato la mobilità) si è avuta un’impennata nell’acquisto di beni alimentari online tra il 1000% e il 2000%. Vale a dire che, se prima del coronavirus appena 1 euro e 10 centesimi di spesa alimentare ogni 100 passavano per l’online, ora siamo tra i 10 e i 20 euro. E insieme al cibo – che, non dimentichiamo, oltre ai grandi supermercati include tutta la parte dei pasti pronti consegnati a domicilio dai rider – sono andati molto bene anche gli acquisti di farmaci da banco, di articoli sportivi e di prodotti di base per la cura della persona. Nel comparto del lusso, della cosmesi e dell’abbigliamento il trend di crescita è stato meno marcato, probabilmente perché i relativi prodotti sono reputati meno essenziali in questa fase di sostanziale permanenza casalinga.

Perché paghiamo digitale

Al di là dei dati di mercato, l’aspetto culturale di questa fase è che stanno cadendo gran parte di quei pregiudizi che facevano dell’Italia uno dei Paesi meno propensi agli acquisti online, perlomeno nel contesto europeo. Ed è proprio in questo senso che l’e-commerce sta avendo la sua migliore opportunità di dimostrare la propria affidabilità e il proprio valore aggiunto, ora che le persone sono molto meglio disposte a sperimentare.

L’altro grande fattore di accelerazione dei pagamenti digitali – solo in parte giustificato da una base scientifica – è il timore diffuso che il denaro contante possa fare da veicolo di trasmissione del virus. Tanto per le monete quanto per le banconote, infatti, si è radicata l’idea che i pagamenti fisici possano favorire il contagio, tanto che già ora è parso evidente un effetto complessivo di diminuzione dei pagamenti in contanti, al contrario di quanto accade solitamente in una fase emergenziale.

In giro per il mondo le iniziative sul denaro contante sono le più varie, e a volte persino contraddittorie. In alcuni casi le banche centrali ne hanno proibito l’uso, in altri Paesi come in Cina sono state attivate iniziative di sterilizzazione del denaro o di messa in quarantena delle banconote, mentre negli Stati Uniti si sta osservando la tendenza opposta di crescita dei pagamenti fisici. Nel complesso, comunque, è indubbio che la frazione di pagamenti digitali sia destinata ad aumentare, richiedendo anche un maggior sforzo organizzativo in termini di cybersicurezza e di diminuzione del digital divide per le persone più anziane.

Non tutti i pagamenti digitali, comunque, sono uguali dal punto di vista biologico. Un pagamento contactless, eseguito con lo smartphone o con una carta, effettivamente diminuisce il numero di contatti con superfici e oggetti potenzialmente infetti. Se però analizziamo come avviene un pagamento con la carta a inserimento, o con la necessità di inserire un proprio codice pin sul tastierino numerico del pos, ci si rende immediatamente conto di come il contatto con superfici comuni sia tutt’altro che scongiurato. In ogni caso va detto che, tanto per il denaro contante quanto per i pagamenti digitali a contatto, la probabilità di contrarre il virus è piuttosto remota, e tutte le altre raccomandazioni generali sono più che sufficienti ad abbattere la probabilità di infettarsi.

A livello di società, più significativo cambiamento culturale a cui stiamo assistendo in questa fase è che il fare acquisti online e affidarsi all’e-commerce non è più appannaggio esclusivo delle generazioni più giovani, ma anche persone finora riluttanti alle spese digitali si sono lanciate ad approfittare delle nuove soluzioni di pagamento.

Il ritorno alla (nuova) normalità

Si fa sempre più ampia la discussione su cosa succederà alle nostre giornate al termine dell’emergenza. Pure a distanziamento sociale terminato ripenseremo al modo in cui abbiamo vissuto la fase più intensa e drammatica dell’epidemia, e collettivamente cercheremo di trarre dall’esperienza qualche lezione utile a migliorare la nostra qualità di vita. Per esempio, potremmo aver scoperto che alcuni degli spostamenti fisici di natura lavorativa possono essere sostituiti senza perdere efficacia con una semplice videochiamata, oppure che nella modalità smartworking abbiamo comunque bisogno di concederci dei periodi di logoff, o ancora che il fare scuola in digitale oggi è un’opportunità da non farsi più sfuggire, certamente in combinazione con altre modalità didattiche più tradizionali.

I pagamenti non saranno da meno: l’abitudine del fare la spesa direttamente online, o del sostituire il denaro contante con alternative digitali, resterà presumibilmente radicata in una quota parte della popolazione molto maggiore rispetto all’era pre-Covid. “Era”, appunto, perché non c’è alcun dubbio che questi mesi del 2020 resteranno nella storia come un punto di svolta non solo per il mondo di concepire la società e l’economia, ma anche nelle piccole e grandi azioni che compongono le nostre giornate.