Consigli per i social-Ceo. Così il manager posta e cinguetta

In questo tempo nuovo ci fidiamo più di un volto che di un logo o di un prodotto. Può sembrare un paradosso, ma metterci la faccia, giocoforza oggi anche con la mascherina, può fare la differenza più che nel passato. Così il personal branding diventa strategico per raccontare i valori di un’azienda, il posizionamento, i nuovi prodotti e servizi, le sfide legate alla contemporaneità  che presuppongono anche la presa di posizione su tematiche divisive: è questo il leader activism, quell’impegno in prima persona dei manager e top manager sulle grandi questioni del mondo. Così le marche, grandi e piccole, scendono in campo puntando sulle loro guide per fare la differenza. Carismatici, visionari, orientati al business. E social. C’è una nuova generazione di manager che ha deciso di scendere nell’agone digitale e di conversare con post e tweet. Un esercito di social-Ceo in lenta ma costante crescita. A certificarlo è Ceo.com, che ha analizzato la presenza sui social dei top manager dei 500 colossi inseriti nella classifica Fortune. La fotografia è stata scattata prendendo in considerazione Twitter, Facebook, LinkedIn, Google+, Instagram e la piattaforma di video sharing YouTube. Gli analisti si sono chiesti come i capitani di impresa stiano cavalcando l’onda social. “I Ceo nella stragrande maggioranza sono ancora seduti sulla riva del fiume, in attesa di tuffarsi”, hanno argomentato. I numeri raccontano come il 61% di loro non abbia una presenza online. Ma chi c’è sceglie LinkedIn (7 su 10) o Twitter (6 su 10).

Autenticità, coerenza, rischi
Saper intercettare il proprio tempo quando ci si mette la faccia. Ma attenzione: quel metterci la faccia implica anche stare attenti a non perdere la faccia, in un tempo molto più rapido rispetto alle conversazioni di un tempo. E allora come un manager dovrebbe raccontarsi e dialogare online al meglio? Intanto un aspetto fondamentale è puntare su narrazioni coerenti rispetto alle azioni del brand, cercando di evitare speculazioni e ambiguità. “A partire da questo mese io e il presidente James Liang smetteremo di percepire lo stipendio, mentre tutti i top manager del nostro board si applicheranno tagli volontari alle retribuzioni, fino a metà del compenso”. Questo è il messaggio per i dipendenti, trapelato guarda caso esternamente dall’azienda e rilanciato dai social di mezzo mondo, scritto da Jane Jie Sun, Ceo di Trip.com, colosso turistico cinese. Così la guida della più grande piattaforma cinese dedicata ai viaggi online ha deciso di azzerarsi il compenso. Un modo per rispondere in modo concreto alla cancellazione di milioni di prenotazioni. D’altronde l’emergenza globale legata al coronavirus ha inferto un duro colpo a tutto il settore del turismo. E le azioni di Trip.com, colosso da 428 milioni di dollari di fatturato e 30mila dipendenti, hanno perso negli ultimi mesi in media il 12% del valore.

Dalla Cina all’America. Una comunicazione empatica ed efficace è stata inviata da Ed Bastian, Ceo di Delta Airlines, dal suo account di posta elettronica a tutti i clienti, evidenziando politiche e procedure per gestire la fase emergenziale del Covid-19: “Da oltre un decennio siamo preparati per uno scenario del genere. D’altronde voliamo in tutto il mondo. Questo per noi significa essere pronti per una serie di eventi, compresi focolai epidemici virali. E non è la prima volta che affrontiamo situazioni simili. Oggi abbiamo perfezionato le procedure operative e imparato nel migliore dei modi a far circolare aria pulita e fresca nei nostri aerei con filtri tecnologicamente avanzati”. “L’attivismo degli imprenditori è efficace solo se pone l’interesse pubblico al di sopra del valore per gli azionisti. Non attiene all’adozione di nuove macchine, nuove tecnologie, nuove piattaforme. Tutto ruota attorno all’apertura mentale”, ha dichiarato Marc Benioff,  fondatore e co-Ceo di Salesforce, colosso tecnologico con una capitalizzazione di mercato di 158 miliardi di dollari e che lo scorso anno ha realizzato un fatturato record di 13 miliardi di dollari. Ma attenzione ai passi falsi.

Restiamo in America per un altro caso tutt’altro di successo, almeno in questo specifico frangente. “Ho twittato in macchina mentre tornavo dall’aeroporto. Non lo avevo detto a nessuno che avevo intenzione di privatizzare la compagnia”. Lo scorso anno si è giustificato così via Twitter Elon Musk, eclettico imprenditore sudafricano naturalizzato statunitense. Poche ore prima aveva esplicitato improvvidamente l’idea di privatizzare la sua Tesla, accendendo una polemica con ripercussioni sul titolo in Borsa. Così tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare vasto della rete, con una comunicazione diventata molto più pervasiva e istantanea. E che va gestita con molte precauzioni. Ecco allora 7 consigli personali per poter scommettere su una autorevole ed efficace presenza social da manager e top manager.

Consiglio 1: puntare sulla coerenza. Ogni piattaforma ha le sue regole, i suoi pubblici, i suoi messaggi, le sue dinamiche. La coerenza rispetto all’ambiente sociale nel quale si comunica è il fattore differenziante. Non c’è cosa peggiore che trovarsi nel momento giusto ma nel posto sbagliato.

Consiglio 2: imparare a essere costanti. Ciò che i social apprezzano maggiormente è la continuità, ovvero la capacità di creare una narrazione costante nel tempo e che possa creare un percorso temporale. Esserci significa twittare o postare con cadenza regolare. E attenzione: questo non significa una sovra-esposizione nei messaggi. Insomma, è sempre consigliabile evitare l’effetto “The Donald”, legato al Presidente degli Stati Uniti d’America e al suo uso (e abuso) compulsivo di Twitter (il record resta 122 tweet in poche ore).

Consiglio 3: cercare di essere creativi. Presentarsi con una propria firma distintiva. E questa può rispecchiarsi nella scrittura, nella punteggiatura, nella scelta di un hashtag o nella predilezione per una fotografia o un visual efficace. Insomma, anche in questo caso primeggia chi riesce a posizionarsi online e sui social con uno stile personale.

Consiglio 4: dialogare ed evitare il monologo. Evitare l’effetto mainstream e quindi scegliere di rispondere ad alcuni interlocutori. Il manager che dialoga umanizza la sua presenza sui social perché lo pone in una posizione di orizzontalità comunicativa rispetto all’interlocutore. Perché oggi vige il principio mutuato da una nota ricerca anglosassone: siamo quello che postiamo.

Consiglio 5: essere sul pezzo. Imparare a intercettare le tendenze che si palesano in rete, quelle che emergono tra i temi ricorrenti che su Twitter sono evidenziati con i Trending Topics. Un buon manager social dice la sua, interviene nel dibattito sociale esprimendo un proprio punto di vista. Il suo parere è apprezzato perché riesce a calarsi in un sistema comunicazionale complesso.

Consiglio 6: avere anche un profilo basso.  Che significa per esempio che bisogna imparare a chiedere scusa pubblicamente, anche per un errore commesso dall’azienda. Ovvero comprendere che oggi più che in passato è strategico mettersi in discussione, utilizzando anche profili personali, che però di fatto rispecchiano sempre quelli aziendali. In questo senso spesso i profili social possono servire per ascoltare ciò che si dice in rete, anche del brand o della divisione che si guida.

Consiglio 7: essere anche buoni sceriffi. Social media e rete non sono il far-west e occorre evitare di replicare a chi offende o insulta. Al bando gli haters di professione che popolano i social media. Il rispetto delle policy consente anche di bannare e quindi di escludere gli utenti più ostili. E quindi dobbiamo cercare di non accettare violenze verbali. In fondo – e forse lo abbiamo capito col tempo – siamo quello che postiamo.

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