Quando si parla di digitale applicato al mondo della salute, l’elenco delle possibili applicazioni è pressoché infinito. Sviluppo di terapie di tipo biologico, raccolta di big data, soluzioni di intelligenza artificiale per individuare nuovi farmaci, biotecnologie di frontiera e automazione della filiera di produzione sono solo alcuni degli esempi più chiacchierati. A cui va aggiunto tutto il filone della telemedicina, della chirurgia robotica e da remoto, delle nuovissime terapie completamente digitali e delle conoscenze scientifiche ulteriori che possono essere acquisite tramite l’analisi di informazioni raccolte con sensori di varia natura.
Tra gli ambiti in cui la pandemia ha determinato la più forte accelerazione c’è la cosiddetta farmaceutica 4.0, intesa come sistema di ricerca, sviluppo, realizzazione e commercializzazione dei medicinali, sia di nuova concezione sia di lungo corso. Con un uso sapiente delle potenzialità offerte dalla tecnologia, infatti, l’Italia può a buon titolo ambire a diventare il primo produttore farmaceutico d’Europa: una direzione verso cui puntano i 6,5 miliardi di euro investiti (secondo le stime di Farmindustria) in digitalizzazione nel Belpaese nel triennio 2016-2019. E, sull’onda dell’emergenza sanitaria, si ritiene che gli investimenti globali in tecnologie per la medicina aumentino di un ulteriore 50% entro il 2023, superando per quella data i mille miliardi di euro di valore mondiale di mercato.
Dentro la fabbrica farmaceutica 4.0
A fare l’ingresso in azienda nei prossimi anni sarà anzitutto l’intelligenza artificiale, che in senso lato sarà applicata tanto per la ricerca quanto per la produzione robotizzata, tanto per tracciare la filiera quanto per dare manforte agli studi scientifici. Gli esempi ci sono già e hanno diversi livelli di complessità. Un caso relativamente più semplice è quello del lavoro in modalità smart-working, che ha permesso anche durante il lockdown di mantenere attive le linee produttive e di comunicare con medici e pazienti, riducendo al minimo il personale fisicamente impiegato in azienda. Ancora più suggestivo è invece Exscalate4CoV, un consorzio europeo a guida italiana che ha cercato proteine adatte a combattere il Sars-Cov-2 avvalendosi dell’intelligenza artificiale per esplorare una banca dati con 500 miliardi di molecole memorizzate.
Altro grande tema è quello della Internet delle cose (IoT): applicata a un sistema di produzione, è utile per il monitoraggio della catena di realizzazione e per avere contezza della quantità e della qualità di ciò che viene realizzato. Da combinarsi, suggeriscono gli esperti, con un sistema di gestione più ampio dei dati e dell’intelligence aziendale, magari realizzato con la tecnologia “anti-contraffazione” blockchain. IoT e blockchain combinati fra loro e applicati al settore farmacologico possono offrire garanzie sulla tracciatura dei materiali delle sostanze impiegate, sulla registrazione di lotti e numeri seriali e pure per quanto riguarda la fase di distribuzione e commercializzazione. Ancor più se si tratta di farmaci di origine biologica, e non semplicemente costituiti da principi attivi molecolari, l’obiettivo della tracciabilità e della sicurezza si fa primario per assicurare la bontà delle terapie somministrate.
Secondo le stime delle associazioni di categoria, almeno 4 su 5 degli impianti di produzione farmacologica possono essere adattati al modello 4.0, e una quota parte delle imprese stimata tra il 70% e il 90% si attiverà entro tre anni per rendere operative queste soluzioni. Ciò non significa che arriveremo presto a un modello completamente digitale, intelligente e auto-gestito, perché la strada da percorrere è ancora lunga: a oggi, infatti, esistono anelli della filiera che non sono ancora arrivati a portare a compimento la fase precedente – quella della digitalizzazione tout court – e che tuttora hanno una parte dei dati e delle informazioni salvate solo su supporti cartacei.
L’ecosistema farmaceutico e le sue nuove priorità
Se da un punto di vista tecnico le soluzioni più determinanti sono quelle già elencate, non va scordato che in parallelo ci sarà anche una nuova ricalibrazione dei valori, sia in termini economici sia di mission aziendale. Anzitutto, le tecnologie di monitoraggio e di protezione dei dati diventeranno essenziali, da un lato per tutelarsi dagli attacchi esterni (che saranno sempre meno fisici e sempre più cyber) e dall’altro per garantire la qualità ai compratori esteri. Oltre il 70% della produzione nostrana, infatti, è venduto fuori dai confini nazionali.
E poi, al farmaco in senso tradizionale si affiancheranno altri bisogni altrettanto importanti. Si parla di raccolta dei dati e monitoraggio dei pazienti tramite dispositivi indossabili – con una nuova sinergia tra la farmaceutica e i produttori di gadget hi-tech –, si diffonderanno sempre più soluzioni per malattie rare, terapie personalizzate e differenziazioni di genere, si inquadrerà il farmaco all’interno di un sistema più ampio di presa in carico del paziente e si creeranno collaborazioni con nuovi stakeholder del mondo della salute. Qualcuno parla di questo trend come “oltre la pillola”, intendendo che l’attenzione si sposterà dal processo produttivo a catena di montaggio verso un ecosistema integrato in cui diventa essenziale la comunicazione e il coordinamento tra l’azienda, le strutture sanitarie, i centri di ricerca e gli stessi pazienti.
Ciò influirà anche sul modo stesso di gestire gli impianti produttivi. Anziché fermarsi alla sola fase di controllo dei flussi, un sistema 4.0 deve acquisire capacità predittiva: anticipare la rottura dei macchinari per eseguire manutenzione preventiva, accorgersi anzitempo di colli di bottiglia nella filiera di approvvigionamento o di un cambiamento nella domanda. Al cervellone elettronico, alimentato dalle informazioni provenienti da sensori, statistiche, banche dati e sistemi di tele-monitoraggio, si chiederà di gestire al meglio i consumi energetici, l’usura dei macchinari, i tempi e i volumi della produzione e anche tutta la fase logistica, per esempio in base alla data di scadenza dei singoli lotti e alla distribuzione geografica della domanda. Solo in questo modo, e con un personale formato per interloquire correttamente con questa intelligenza, si potrà dire di aver definitivamente portato a termine la quarta rivoluzione industriale.