In base a una analisi condotta dalla Fondazione consulenti del lavoro sui dati Istat, il macro settore largamente più colpito dal Covid-19 è stato quello dei servizi, dove, tra giugno 2019 e giugno 2020, si sono persi 810mila posti di lavoro (-4,9%) su un totale di 15,8 milioni di occupati. L’industria in senso stretto cala di appena 30 mila unità, mantenendo quasi inalterata la sua base di 4,7 milioni di occupati (-0,6%), e ci sono 21mila posti di lavoro in meno nell’agricoltura, che a fine giugno impiega in Italia 865 mila addetti (-2,4%). Il comparto delle costruzioni, invece, accresce la sua base occupati di 20mila unità, e sale a un totale di 1,3 milioni (+1,5% rispetto a giugno 2019).
Tra i servizi, il settore più colpito è quello turistico, alberghiero e della ristorazione, che perde 246mila occupati (-16,1%), di cui -158 mila nei ristoranti (-13%) e -88mila nel comparto alberghi/alloggi (-28,3%). Tutti quei lavori di prossimità che si erano dimostrati a rischio già a maggio. Male anche i servizi amministrativi e di supporto alle imprese, che scendono di 103mila unità (-10%). Il commercio perde 191mila occupati in un anno (-5,8%), a causa di un calo degli esercenti. E la crisi colpisce sia il dettaglio (-138 mila occupati, -6,7%), sia l’ingrosso (-51 mila addetti, -6,1%). Rimanendo sempre nel macro settore dei servizi, si ridimensionano gli addetti nel lavoro domestico (-125mila unità, -16,6%), nelle attività immobiliari (-16mila unità, -9,5% rispetto al giugno 2019) e nelle attività artistiche, intrattenimento, tempo libero (-26mila unità, -7,9%). Anche nella pubblica amministrazione, l’istruzione e la sanità gli occupati arretrano di 90mila unità.
L’industria, invece, come detto tiene, ed esce dalla crisi sanitaria con livelli di occupazione sostanzialmente inalterati: a soffrire sono soprattutto i settori delle confezioni in pelle (-12%), stampa e produzione su supporti registrati (-10,9%) e fabbricazione di articoli di gomma e materie plastiche (-6,2% di occupati a fine giugno 2020 rispetto a giugno 2019). Ci sono però anche segni positivi e comparti nei quali le opportunità di lavoro crescono. Ad esempio, i servizi legati a forniture di energia elettrica aumentano il numero di addetti del 12,2%, i servizi di informazione viaggiano a +9,8%, la ricerca scientifica a +8,2%. E poi il mondo digitale: la riparazione di computer a +8,2%, la fabbricazione di pc e di altri prodotti di elettronica +8,2%, la programmazione/consulenza informatica è a +3,9%. O, ancora, i lavori legati alle costruzioni, alle infrastrutture: l’ingegneria civile aumenta del 7,7% il numero dei propri occupati da giugno 2019 a giugno 2020, gli studi di architettura e ingegneria del 2,8%, i lavori di costruzione specializzati del 2,3%. Bene, infine, i servizi alla persona (parrucchieri, estetisti, lavanderie), a +2,2%, e la produzione farmaceutica, a +7,1%.
Insomma, come sottolinea lo studio della Fondazione consulenti del lavoro, “l’impatto della pandemia da Covid-19 sull’occupazione è fortemente differenziato a livello settoriale, esponendo alcune attività produttive a una crisi senza precedenti e altre a cercare di resistere aiutate anche dal blocco dei licenziamenti, che già a fine anno potrebbe portare a un saldo occupazionale ben diverso da quello di giugno”. Ovviamente “le classifiche, così come i dati, divengono utili se letti in chiave propositiva”, dichiara la presidente del Consiglio nazionale dell’ordine dei consulenti del lavoro, Marina Calderone, “e se ci aiutano a focalizzare dove indirizzare energie e investimenti. Per questo diviene importante saper sfruttare bene le risorse messe a disposizione dal Recovery fund, mettendo a sistema le competenze di chi, per professione e formazione, conosce il mercato del lavoro e può contribuire al meglio alla realizzazione di progetti per il rilancio del paese”.