Le si potrebbe definire opere a tre mani. O a due cervelli. E sono l’emblema di un nuovo modo di fare arte, non tanto per l’intrinseca capacità di far convivere mondi e identità diverse, ma soprattutto perché portano a un nuovo livello l’ingresso della tecnologia nel lavoro artistico.
Di opere ispirate dalla tecnologia, o che contengono pezzi di gadget high tech, se ne vedono da tempo. Così come esistono da anni opere d’arte che vivono solo in digitale e sono fatte di pixel in movimento, che hanno come materia prima i big data e come esecutore un’intelligenza artificiale.
Ma una novità ulteriore e recente, forse più di altre destinata a cambiare la quotidianità del mestiere artistico, è che tecnologia e umano lavorino insieme, contemporaneamente sulla stessa tela. Qualcuno l’ha descritta come un’inedita sinergia tra artista e robot, altri la vedono come un modo per conservare l’originalità e l’unicità dell’opera d’arte riuscendo allo stesso tempo ad aumentare la produttività dell’artista. Altri ancora ne vedono un valore aggiunto artistico, forse il primo embrione di una nuova corrente contemporanea.
Non è difficile da immaginare: su una stessa tela, o su uno stesso piano di lavoro, sono all’opera tre bracci, di cui due umani e uno robotico. L’intelligenza artificiale guida quest’ultimo, in una prima versione seguendo un percorso prestabilito e codificato, ma in prospettiva con una propria capacità decisionale. E la terminazione del braccio può essere sì un ugello simile a quello di una stampante, ma anche un pennello con le setole, capace di creare tratti mai uguali a se stessi.
Uno dei primi esempi concreti di questo filone è il progetto Andy_Bot, realizzato dall’artista No Curves insieme al braccio robotico Primus, con il coordinamento dal punto di vista tecnico e software dalla startup Proximars. Come il nome suggerisce, si tratta di un omaggio artistico a Andy Warhol, in cui la tecnica usata è quella della tape art: una forma di street art che deriva dal graffitismo e prevede l’uso di nastri adesivi di vari colori e dimensioni per creare forme geometriche, delimitare lo spazio e creare una composizione. Su cui, poi, si può dipingere.
Ma al di là della tecnica specifica, è interessante che alcuni dei gesti fisici compiuti dall’artista con il proprio corpo per realizzare l’opera possano essere affidati a un robot, fatto salvo che l’intelligenza e la creatività sono quelle umane.
Nulla, naturalmente, impedirà a chi lo desiderasse di continuare a essere artista in modo più tradizionale, dalla pittura su tela alla scultura o in qualunque altra forma. È probabile, però, che al mestiere classico dell’artista si affianchi in modo sempre più massiccio una professione fortemente ibridata con la tecnologia. Se il trend generale in moltissimi settori è quello di una progressiva integrazione tra essere umano e dispositivo tecnologico, se non addirittura la creazione di interfacce vere e proprie tra persone e chip, anche per l’arte è facile pronosticare una crescente commistione. Con i robot fianco a fianco degli artisti per generare nuove forme espressive.
Un elemento però è certo: il concetto di arte non sarà modificato da queste innovazioni. Cambieranno gli strumenti, come peraltro sono sempre cambiati nel corso della storia, dall’età del bronzo e del ferro fino all’arrivo dell’elettricità e del digitale, ma non cambierà il significato intellettuale e emozionale dell’opera d’arte.
A modificarsi sarà invece la professione dell’artista, che nel caso in cui si desideri esplorare queste nuove tecniche e possibilità dovrà essere anche un tecnologo, un esperto di digitale, di programmazione e di intelligenza artificiale. Un profondo conoscitore dell’anima degli algoritmi e dei robot, per creare forme di collaborazione proficua e ricavarne forme estetiche e geometrie capaci di impressionare il pubblico. In alternativa, anziché al singolo artista si può pensare a un team di sviluppo dell’opera d’arte, multidisciplinare e capace di unire competenze per dare vita a una filiera artistica. Una direzione, peraltro, verso cui i primi esperimenti di opere d’arte semi-umane e semi-robotiche sembrerebbero tendere.