Tutto come previsto. O quasi. Se numerosi trend del mondo del lavoro erano già stati correttamente individuati per tempo dagli analisti, la velocità con cui si sono poi sviluppati in fenomeni dirompenti è stata senza precedenti. Tanto che oggi aziende e lavoratori si trovano ad affrontare in corsa due grandi sfide, ognuna delle quali richiede competenze nuove: una digitalizzazione accelerata e una richiesta di maggiore flessibilità nei modi di lavorare.
A confermarlo è l’ultimo report di ManpowerGroup “Skills Revolution Reboot: The 3Rs – Renew, Reskill, Redeploy”, lanciato ieri in occasione di Davos 2021 – The Great Reset, la prima parte virtuale della 51esima edizione del World Economic Forum, in scena dal 25 al 29 gennaio. Si tratta di un’indagine che ha coinvolto oltre 26mila datori di lavoro in più di 25 paesi per cercare di capire quale sia l’impatto del Covid-19 sulla digitalizzazione e sulle nuove competenze. E provare così a definire le priorità nei prossimi mesi.
Il primo dato rilevante del report è che tra le compagnie che stanno accelerando sul digitale (38%) la maggior parte di queste sta creando anche nuovi posti di lavoro (86%), al contrario dell’11% che invece prevede di ridurre o mantenere fermi i processi di automazione. Sono le aziende più in grado di attirare talenti, investire sulle competenze necessarie oggi e così competere meglio sul mercato (anche se solo il 17% di queste per ora ha piani strutturati). Il fenomeno tuttavia non è omogeneo: a sorpresa, il 45% dei datori di lavoro globali sostiene che la pandemia non abbia avuto alcun effetto sul fronte digitale per le loro attività. Lo studio evidenzia poi anche numerose differenze geografiche: i paesi in cui la spinta all’automazione è stata più forte sono Germania, Austria, Giappone e Italia, in misura minore Stati Uniti, Francia e Regno Unito, mentre al polo opposto ci sono Cina, Portogallo, Spagna, India, Slovenia, Israele, Repubblica Ceca e Hong Kong. Non stupisce invece vedere che le aziende più disposte a investire in digitalizzazione sono quelle più grandi (29%), forti dei numeri e di capitali ben maggiori rispetto alle micro e piccolo-medie imprese. Infine, dice il report, una buona notizia è che il digitale sta crescendo anche in quei settori dove prima della pandemia scarseggiava, come finanza, assicurazioni, real estate e business services.
Chi invece sta conoscendo un indiscusso periodo di rinnovamento è tutto il comparto HR. Le risorse umane stanno diventando sempre più una priorità per tutte le aziende: le stesse organizzazioni che stanno spingendo di più sull’automazione stanno infatti anche pianificando aumenti significativi nell’organico HR (+15%). Una svolta netta rispetto al 2018, quando la maggior parte dei datori di lavoro non prevedeva alcuna crescita per le risorse umane. Il motivo? La crisi sanitaria, economica e sociale ha spinto come mai prima d’ora verso l’adozione di un approccio “People First” da parte delle compagnie. Salute, benessere, resilienza stanno diventando le nuove priorità, tanto che secondo il report il 63% dei leader HR le metterà al primo posto nell’agenda per il 2021, seguite a ruota dai nuovi modelli lavorativi più flessibili e ibridi (37%) e dalle iniziative di upskilling e reskilling (30%). Questo cambiamento va di pari passo con la richiesta crescente dei dipendenti di ripensare i luoghi di lavoro in modo dinamico, più coinvolgente e con più etica, con leader più attenti allo sviluppo delle competenze interne.
E proprio rispetto al tema delle competenze le organizzazioni hanno bisogno oggi di rinnovare le proprie strategie di cura dei propri dipendenti per riuscire ad attrarre nuovi talenti e migliorare i propri. “È arrivato il momento di focalizzarsi sui lavoratori con meno competenze e sulle categorie più impattate dalla pandemia, donne e giovani in particolare – ha affermato Jonas Prising, presidente e CEO di ManpowerGroup a Davos 2021 –. Serve una vera e propria reskilling revolution, che permetta alle persone di acquisire più competenze che le rendano più idonee al mercato del lavoro attuale. Dai datori di lavoro arriva un segnale positivo, perché sono diventati più attenti nel corso degli anni all’importanza dello sviluppo delle competenze dei loro dipendenti. E la tecnologia di oggi può favorire questo processo. Ma è tempo che i policy makers prendano sul serio questi temi, al pari del cambiamento climatico: la pandemia ha infatti aumentato la polarizzazione tra chi ha le competenze e chi non le ha, che si sente lasciato indietro. Oggi c’è il rischio di una crisi sociale vera, dopo quella sanitaria e quella economica. Bisogna passare dalla semplice tutela del lavoro, come sta accadendo in molti paesi, ai processi che davvero garantiscano nuove opportunità”.
In questo senso si muovono anche le soluzioni innovative di ManpowerGroup per la Skills Revolution. Un ventaglio di assessment e programmi, fino alle academy, che mirano a rivalutare i punti di forza delle persone e a promuoverne l’upskilling. Tra questi anche quelli presentati all’interno del report: