Un neologismo che ha avuto particolare fortuna alla fine di quella che in Europa abbiamo chiamato prima ondata della pandemia da Covid-19.
Nasce dalla crasi tra le parole work (lavoro) e vacation (vacanza). Nel Regno Unito può comparire anche nella forma di workoliday o woliday. La Workation è una vacanza in cui si mescolano elementi di tempo libero e relax con piccoli carichi di lavoro in remoto, magari parcellizzati nel corso della giornata. In altre parole è uno smart working a bordo piscina.
Se l’idea vi suona bene, se vi pare un buon modo di ottimizzare, fermatevi un momento e ripetete con me: Work è una cosa e Vacation è il suo opposto. No, le due cose non vanno bene insieme, nonostante cerchino di convincervi del contrario. La parola vacanza deriva dal latino vacantia che significa sospensione, intermissione, cessazione temporanea di un’attività. Una vacanza per essere tale deve per forza escludere il lavoro. È come dire la carbonara con la panna, o una commedia romantica in cui tutti muoiono alla fine, o un cacciabombardiere rosa di Hello Kitty. La workation è un’aberrazione che rischia, complici i dispositivi digitali che ci seguono ovunque, di diventare solo work e niente vacation. Un inferno di call, di email e di fogli Excel con in più il senso di colpa di non riuscire a godersi la piscina e i cocktail con l’ombrellino che ci eravamo prefigurati. La prossima volta che cercate una casa o un resort in cui passare qualche giorno di relax fate attenzione ai servizi offerti; se vedete che manca il Wi-Fi non passate oltre: è quello il vero lusso. Una vacation senza l’ombra di work.