Campanello d’allarme da parte dell’Ocse: la ripresa economica e sociale del nostro paese non può prescindere dalla lotta alle disuguaglianze. È quanto si apprende dal rapporto “Growth 2021: Shaping a Vibrant Recovery”. Con riferimento alla situazione italiana e al nostro Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), nel documento si legge che “la crisi rischia di far calare ulteriormente i tassi di occupazione, già bassi, e di rafforzare le disuguaglianze, soprattutto per chi ha uno scarso livello di competenze e un basso livello di formazione continua”. Uno scenario drammatico, che secondo l’organizzazione si potrebbe mitigare puntando su “un’offerta efficace di istruzione, servizi pubblici di promozione dell’impiego e politiche di attivazione servizi in materia di istruzione”, soprattutto per i giovani e per i lavoratori più vulnerabili. Non solo, ma per l’Ocse per ottenere un risultato davvero efficiente queste riforme dovrebbero essere accompagnate dalla semplificazione del sistema fiscale e dal rafforzamento del coordinamento tra i vari livelli di governo per definire le priorità in materia di finanziamenti.
La disuguaglianza in Italia è maggiore rispetto alla media degli altri paesi Ocse. Il 20% più povero della popolazione dispone del 6,6% del reddito totale del paese. Anche il tasso di occupazione è basso (seppur in lieve aumento prima della crisi del 2020), mentre il Pil pro capite e la produttività sono rispettivamente del 26% e del 17% inferiori rispetto ai paesi Ocse con le migliori performance. Cifre che fanno riflettere.
Il 30 aprile il governo italiano ha presentato alla Commissione Europea il Pnrr (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza). Rispetto alle riflessioni fatte sopra è lecito affermare che il Recovery Plan potrebbe rappresentare un’opportunità per contrastare i divari sociali, culturali ed economici che affliggono il nostro paese. È lo stesso presidente del Consiglio, Mario Draghi, nel suo discorso di presentazione del Pnrr alla camera, a porre l’accento sul fatto che “i progetti di ciascuna missione mirano ad affrontare tre nodi strutturali del nostro Paese, che costituiscono obiettivi orizzontali dell’intero Piano”. Questi “nodi strutturali” sono appunto la disparità tra Mezzogiorno e Centro Nord, il divario generazionale e le disuguaglianze di genere, che il Pnrr si propone di colmare. In particolare consentendo un più equo accesso al mondo del lavoro alle donne, offrendo ai giovani la possibilità di immaginare il proprio futuro, sostenendo le persone più fragili e intervenendo strutturalmente sul Mezzogiorno per appianare una volta per tutte un divario che ci affligge da generazioni.
La missione 4 del Pnrr, “Istruzione e Ricerca”, punta allo sviluppo dell’economia della conoscenza come causa diretta per l’aumento dell’inclusione e l’equità. Sono stati stanziati un totale di 30,88 miliardi di euro. Di questi la percentuale più alta (19,44) è destinata al potenziamento dei servizi di istruzione e il restante (11,44) al sostegno per la ricerca e la sua integrazione con il sistema produttivo. Nel Pnrr leggiamo come il tasso di abbandono scolastico sia direttamente proporzionale all’aumentare dei livelli di istruzione e strettamente correlato alla situazione economica familiare. Questo fattore è affiancato e anzi aggrava la mancata acquisizione delle competenze di base, infatti gli studenti italiani di 15 anni si collocano decisamente al di sotto della media dei paesi Ocse in lettura, matematica e scienze. Viene inoltre sottolineata la carenza della preparazione degli studenti nelle abilità di comunicare e dibattere, di comprensione logica, di risolvere i problemi.
I principali interventi proposti riguardano il rafforzamento di tutta la filiera dell’istruzione, dagli asili nido al dottorato di ricerca. Si tratta sia del potenziamento e ammodernamento delle infrastrutture che della stessa offerta formativa, incluso un aggiornamento dei processi di reclutamento degli insegnanti. Inoltre sono previsti interventi mirati di sviluppo delle scuole professionalizzanti, del supporto alla ricerca e a una migliore sinergia tra questa e il mondo delle imprese. Una menzione particolare merita la riforma delle lauree abilitanti per determinate professioni (Riforma 1.6) che consentirà di semplificare l’accesso alle professioni facendo coincidere l’esame di stato con il conseguimento della laurea stessa. In questo modo si velocizza l’accesso al mondo del lavoro da parte dei neolaureati. Insomma, una riforma a tutto tondo che non trascura nessuna delle tappe che vede coinvolti gli studenti, dall’ingresso all’asilo nido a quello nel mondo del lavoro.
La missione 5, “Inclusione e Coesione”, è quella che più incide in termini di lotta alle disuguaglianze. Le sono stati destinati 19,81 miliardi di euro e si distribuisce su tre assi portanti: politiche attive del lavoro; infrastrutture sociali, famiglie, comunità e Terzo settore; interventi speciali per la coesione territoriale. Per quanto riguarda le politiche di sostegno all’occupazione il Pnrr è molto chiaro: “Per porre rimedio agli scarsi investimenti nelle competenze, e al conseguente rallentamento della transizione verso un’economia basata sulla conoscenza, sono previsti investimenti in attività di upskilling, reskilling e life-long learning, che mirano a far ripartire la crescita della produttività o migliorare la competitività delle Pmi e delle microimprese italiane.” Allo stesso tempo si punta a rafforzare la formazione dei lavoratori per migliorarne la mobilità e a sostenere l’occupazione giovanile con misure specifiche come l’apprendistato duale (formazione e lavoro) e il servizio civile universale. È previsto poi un sostegno specifico per l’imprenditorialità femminile e un sistema di certificazione della parità di genere.
Importanti riforme sono previste anche sul versante delle politiche sociali allo scopo di migliorare l’equità sociale, la solidarietà intergenerazionale, la conciliazione dei tempi di vita e lavoro, i divari territoriali. Si mira a favorire la socializzazione e sostenere percorsi di vita indipendente, in particolare per anziani non autosufficienti e persone con gravi disabilità. Un’altra menzione particolare va al riconoscimento del valore sociale dell’attività di cura che allo stesso tempo consente una maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro e a un alleggerimento del carico di lavoro familiare per le stesse. Infine, gli interventi di riqualificazione urbana ed edilizia, che comprendono opere di edilizia pubblica residenziale, housing temporaneo e housing sociale, ma anche rigenerazione urbana che mira ad offrire spazi pubblici per favorire l’inclusione e la socializzazione puntando sulla cultura e lo sport.