Dopo una riunione fiume tra Governo e sindacati è stato raggiunto l’accordo sullo stop al blocco dei licenziamenti. In sintesi, le aziende sono chiamate a esaurire tutti gli ammortizzatori sociali a disposizione prima di procedere alla risoluzione dei rapporti di lavoro. Ma quali sono le conseguenze e cosa cambia con l’accordo tra Draghi e i sindacati? Lo abbiamo chiesto a
Francesco Rotondi, socio fondatore e managing Partner dello studio legale LabLaw. Che spiega come il cambiamento sia, in realtà, di piccola entità nella pratica.
«L’intesa – dice – è su un “impegno a raccomandare”, il che da una parte significa che non c’è nessun obbligo per le aziende di dar poi seguito alle “raccomandazioni”, ma certamente l’apertura di ogni processo di esubero sarà accompagnato da una ferma richiesta di previo ricorso all’ammortizzatore sociale; disattendere una simile richiesta è certamente possibile, da un punto di vista giuridico, ma, come sempre, le relazioni sindacali e quelle istituzionali non si confrontano solo con il diritto».
Il tema è da una parte aiutare i settori più colpiti e dall’altra tutelare l’occupazione, tuttavia per l’avvocato ci sono altre strade percorribili più funzionale nella fase post pandemia. «
La vera battaglia non si gioca sulla tutela dell’occupazione, ma sullo sviluppo della cultura dell’occupabilità. È uno sforzo culturale e generazionale, e finché non saremo in grado di comprenderlo, misure come la proroga del blocco anche se solo per alcuni settori si riveleranno, nella migliore delle ipotesi, solo un palliativo ma non una cura», aggiunge. Tanto che per Rotondi nei prossimi mesi si registreranno comunque licenziamenti in crescita. «Sicuramente dobbiamo aspettarci dei licenziamenti, perché ci sono molte aziende, la cui sopravvivenza passa da percorsi di ristrutturazione o riorganizzazione, che sono rimaste sostanzialmente paralizzate. Se poi saranno migliaia o molti di più dipenderà non solo dalla tenuta del sistema Italia, ma anche dalla capacità delle aziende di saper cogliere quegli strumenti, nuovi e vecchi, che permettano di supportare il rilancio delle imprese e dell’economia».
Come possono quindi tutelarsi i lavoratori di fronte alla grande incertezza del periodo? Su questo punto Rotondi è netto: «
C’è solo una formula: investire nella formazione. A tal fine serve consapevolezza delle potenzialità degli strumenti, perché, al netto del fatto che tanto si può fare per migliorare, gli strumenti oggi già esistono, e soprattutto voglia di farlo. E questo è senz’altro il passaggio più difficile, perché necessita di un cambio di approccio e di mentalità». In breve, urge accelerare sul fronte del potenziamento delle politiche attive unico supporto per i lavoratori che verranno lasciati a casa nei prossimi mesi. «Bisogna puntare sulle politiche attive, valorizzando gli strumenti che già esistono come l’accordo di ricollocazione, vero esempio di politica attiva, ma anche gli altri, come il contratto di espansione e di rioccupazione. Occorre poi investire nell’individuazione di nuove soluzioni. È necessario un nuovo corso, dove pubblico e privato giocano la stessa partita, e in questo contesto le agenzie per il lavoro dovranno senz’altro avere un ruolo da protagonista».