Sono ruoli classici da “blue collars”, le famose tute blu della tradizione industriale italiana. Grazie a un progetto di Iren, supportata da Manpower, idee e anche pregiudizi circa l’inevitabile predominanza maschile in certe posizioni aziendali, che spesso si traduce nella totale assenza di donne a ricoprirle, sono destinati a dover essere perlomeno riconsiderati.
La multiutility attiva nell’erogazione di servizi per gas, luce e acqua ha infatti appena inserito nei propri organici di Genova le prime tre donne, tutte sotto i 30 anni, con la qualifica di “operaio operatore rete gas”. Si tratta, per capirci, dei lavoratori che effettuano interventi di riparazione e manutenzione sulle reti, tutte funzioni che in Iren sono internalizzate. Quante donne avete mai visto effettuarne uno? Ecco, appunto.
A spiegare i contenuti di assoluta novità del progetto è Fabrizio Zeba, responsabile selezione di Iren: “Da diversi anni ci siamo orientati a favorire l’adozione di politiche di genere in tutti gli ambiti in cui operiamo. E’ chiaro che il Gruppo ha storicamente una forte prevalenza di personale maschile: il nostro core business (escludendo il settore della raccolta rifiuti) si basa sulla gestione di reti di acqua, gas ed energia elettrica e di impianti industriali complessi, come centrali elettriche o termovalorizzatori. La sfida, lanciata dal Direttore Personale e Organizzazione Antonio Andreotti, è quella di cambiare progressivamente questa cultura, assumendo un maggior numero di donne anche in settori dove non sono mai state coinvolte prima, come la produzione”.
L’occasione si è presentata un paio di mesi fa, quando si è resa necessaria una tornata di dieci assunzioni per il servizio di “pronto intervento” sulle reti gas di Genova. “Ci siamo rivolti a Manpower per supportarci prima nella fase di individuazione delle competenze e poi nella ricerca delle figure più idonee. Il mestiere più simile a quello che serviva a noi è forse quello dell’idraulico: volevamo infatti lavoratori in grado di riparare tubature e raccordi, filettare o saldare un tubo” continua Zeba.
L’idea è stata quella di provare a cercare questi professionisti in ambito portuale, in particolare nelle riparazioni navali, industria molto sviluppata a Genova.“Qui abbiamo quindi trovato alcune ragazze i cui profili erano particolarmente interessanti: persone già con una buona esperienza di tipo tecnico alle spalle e, soprattutto, molto motivate e grintose, anche per l’abitudine a lavorare circondate da colleghi uomini” spiega il manager. Interessante notare come la selezione, che ha compreso uomini e donne ed è stata gestita su due fasi di cui la seconda comprendente un test “sul campo”, abbia avuto un andamento assolutamente lineare: “Le ragazze hanno pienamente confermato tutte le indicazioni emerse in fase di colloquio anche nella successiva prova pratica”.
Quest’ultima consisteva in una sessione di lavoro di circa un’ora in cui ai candidati è stato chiesto di riconoscere i dispositivi di protezione individuale (Dpi) e il loro corretto utilizzo, gli strumenti di lavoro tipici, fra cui troncatrici e manometri, e infine di costruire un raccordo in pochi minuti sulla base di un disegno assegnato.
La prova di selezione, uguale per tutti giova ripetere, è stato pienamente passato: alla fine sulle dieci persone considerate idonee tre erano ragazze. L’ingresso in azienda per loro è avvenuto con un contratto inizialmente di apprendistato, a partire dal 19 luglio: l’assunzione prevede che le lavoratrici entrino in modo progressivo nei normali cicli di turnazione, garantendo perciò anche la reperibilità notturna o nei festivi, inizialmente in affiancamento a colleghi e poi in autonomia. Saranno dotate di supporti tecnologici adeguati, come tablet per comunicare con l’azienda, e potranno contare sui programmi di formazione e aggiornamento di Iren.
I messaggi che arrivano da questa esperienza sono di due tipi, secondo Zeba: “Internamente abbiamo verificato con soddisfazione che la cultura della parità di genere attecchisce in modo profondo, senza preconcetti o stereotipi. Esternamente rileviamo che, come sappiamo, c’è una generazione di persone che né studia né cerca un lavoro, fra cui diverse donne: ebbene per loro si possono aprire possibilità professionali che finora magari non avevano considerato” chiude Zeba.
Nelle intenzioni di Iren il progetto “blue collars al femminile” potrebbe avere presto nuove applicazioni, sia in altre aree geografiche in cui l’azienda opera, come l’Emilia Romagna, che in ambiti industriali diversi, come quello della gestione delle acque, sia potabili che reflue. Le collaborazioni già avviate dall’azienda sul fronte della formazione con scuole e università inducono infine a ipotizzare anche un futuro impegno in favore delle donne su questo fronte, specie agendo di concerto con quegli istituti tecnici, ad esempio meccanici ed elettronici, oggi quasi interamente… blu. Ancora non per molto, c’è da scommettere.