McDonald’s, la catena di fast food americana, punta sull’Italia. Il business del brand Usa continua infatti a svilupparsi nella Penisola, e al momento conta 615 ristoranti che danno lavoro a 25mila dipendenti. Nei due headquarter, che si trovano ad Assago (Milano) e Fiumicino (Roma), sono impiegate invece circa 210 persone. E l’espansione continua. Ne parliamo con Valentina Fossa, responsabile HR della filiale italiana, che ci racconta su quali talenti sono pronti a investire. “Puntiamo a dinamismo, curiosità, attitudine a lavorare in team, buone capacità di relazione e di comunicazione con il cliente e con i propri colleghi. Siamo poi noi, attraverso i nostri corsi di formazione, a dare alle persone gli strumenti per poter crescere. Cerchiamo principalmente figure da crew, ossia addetti alla ristorazione che si dedichino alla cura della sala e alla preparazione dei prodotti in cucina. Una volta nel team, ci occupiamo della loro crescita professionale, fornendo mezzi che permettano loro di farsi strada in azienda e dando loro occasione di raggiungere il livello di direttore in soli tre anni”.
Negli ultimi anni c’è stata una riorganizzazione dei modelli di leadership?
“La nostra leadership è sempre più orientata a stimolare e incentivare l’unicità e l’autenticità dei nostri dipendenti, poiché pensiamo che l’esperienza con il consumatore ne esca sicuramente arricchita. Il contributo personale che ognuno di loro può dare nel lavoro è la cosa più preziosa. È in questa transizione che rientra anche il concetto di reskilling, non inteso necessariamente come un cambio di ruolo, quanto piuttosto come sviluppo della capacità di far emergere un valore, nuovo ed aggiunto, nel relazionarsi con le altre persone”.
Nel corso del tempo sono cambiate molto le qualità che cercate per lavorare in McDonald’s?
“Sì, le competenze che cerchiamo nei nostri candidati si sono evolute, grazie all’implementazione del sistema Eotf (Experience of the Future), che tra le altre novità introduce il servizio al tavolo. Per questo è sempre più importante la predisposizione al contatto e alla relazione con il cliente, con l’obiettivo di rendere la nostra attività sempre più customer oriented”.
Il 30% dei ragazzi che lavora da McDonald’s sono studenti lavoratori. A loro sono destinati 500 mila euro in borse di studio e corsi in lingua inglese. Che piani avete per questo profilo di dipendenti?
“Grazie al programma di welfare Archways to opportunity, McDonald’s sostiene la crescita e la formazione professionale e personale dei suoi dipendenti. A poco più di un anno dal suo lancio, sono state erogate 105 borse di studio e 1.200 corsi di lingua offerti, con un investimento totale di circa 500 mila euro. Un’iniziativa in cui crediamo molto e dove, nel triennio 2020-2022, stiamo investendo 1,5 milioni di euro. Offriamo inoltre ai nostri dipendenti 900 mila ore di formazione, attraverso corsi e lezioni, svoltesi online nell’ultimo periodo a causa della pandemia. Si tratta di corsi che permettono loro di acquisire nuove competenze e quindi di crescere professionalmente; un aspetto per noi davvero importante questo, gestito da un team dedicato nell’headquarter. Molti dei nostri corsi sono focalizzati sulle soft skills, ossia dedicati a tematiche quali la leadership, l’intelligenza emotiva o ancora la gestione dei conflitti; competenze trasversali che entreranno a far parte del bagaglio di esperienza personale di ciascuna delle nostre persone. Inoltre ci piace sottolineare che da noi l’inclusione è fondamentale. Siamo fieri delle percentuali di donne nel nostro staff: 62% del totale e 50% tra i direttori, traguardi importanti in materia di parità di genere”.
A questo proposito, quali sono le vostre iniziative in tema di diversity?
“Il valore dell’inclusione è parte del dna di McDonald’s, una realtà informale, una vera e propria famiglia con poche barriere all’ingresso. Siamo noi, in qualità di azienda, a fornire alle nostre persone le competenze necessarie a crescere personalmente e professionalmente attraverso corsi pensati ad hoc. Per noi la formazione è un aspetto estremamente importante, perché ci permette di offrire ai nostri dipendenti i mezzi necessari per sviluppare la propria professionalità e le proprie soft skills, utili e trasversali per qualsiasi tipo di attività lavorativa. Inoltre, per molti McDonald’s rappresenta anche un’occasione di integrazione sociale e leva di emancipazione personale, un luogo in cui sentirsi accolti e costruire una rete di nuove relazioni. In McDonald’s da sempre siamo attenti al tema della parità di genere”.
C’è molto turn over di personale nella vostra attività?
“Ci troviamo in un momento storico abbastanza particolare, che ha ovviamente influito molto sulla mobilità del mercato. E’ quindi difficile dare una fotografia in un momento di così grande transizione”.
La pandemia ha accelerato pratiche digitali in McDonald’s, e, di conseguenza, ha determinato la necessità di nuove figure professionali?
“L’avvento della pandemia ha sicuramente accelerato i processi di digitalizzazione, strada che stiamo già percorrendo da diversi anni: dalla migliore gestione degli ordini grazie a nuovi flussi e ai chioschi per l’ordine self service, alla riduzione di spreco alimentare, a un servizio più rapido, efficiente e facilmente accessibile. Si è reso poi necessario rivedere procedure e processi, per la sicurezza dei nostri dipendenti e clienti, priorità per noi fin dal principio dell’emergenza. Un cambiamento che ha richiesto necessariamente una maggiore attenzione e capacità di adattamento da parte delle nostre persone. Inoltre, queste procedure sono state validate dalla direzione dell’Istituto nazionale malattie infettive “Lazzaro Spallanzani””.