Un esperto di logistica, ma anche un tecnico della sostenibilità, un analista dei dati ma anche un manager capace di ascoltare i bisogni dei dipendenti. Da maggio 2020, si sente parlare sempre più di frequente del Mobility Manager, il responsabile della mobilità aziendale. Nel dettaglio, si tratta di figura professionale (introdotta dal Decreto Ronchi del 1998, varato per la riduzione delle emissioni inquinanti) tornata all’attenzione del grande pubblico e delle aziende per via di due recenti decreti. Il primo è il Decreto Rilancio 2020 e il secondo è il Decreto del 12 maggio 2021 in cui sono stati chiariti i compiti del Mobility Manager e le applicazioni in azienda. Dalla normativa si legge che «per favorire il decongestionamento del traffico nelle aree urbane mediante la riduzione dell’uso del mezzo di trasporto privato», le imprese e le pubbliche amministrazioni con più di 100 dipendenti ubicate nei comuni con più di 50mila abitanti devono adottare, entro il 31 dicembre di ogni anno, un piano degli spostamenti casa-lavoro del proprio personale (PSCL) e nominare «un Mobility Manager, con funzioni di supporto professionale alle attività di decisione, pianificazione, programmazione, gestione e promozione di soluzioni ottimali».
Per incentivare le aziende e gli enti pubblici a nominare i Mobility Manager, il Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile ha stanziato un fondo di 50 milioni per il 2021. Nel dettaglio, 35 milioni per le pubbliche amministrazioni e per le imprese e 15 milioni per le scuole. Per poter accedere ai finanziamenti stanziati per l’anno 2021, i piani di spostamento casa-lavoro andavano presentati da aziende ed enti entro il 31 agosto 2021. Non sorprende quindi scoprire che il Mobility Manager è una delle figure più cercate negli ultimi mesi anche se, va detto, si tratta di un mestiere ancora poco noto al grande pubblico. Secondo un’indagine ISFORT (Istituto Superiore di Formazione e Ricerca per i Trasporti), i cittadini che hanno sentito parlare dell’obbligo di nominare un Mobility Manager sono solo il 29% del totale.
Quali sono le competenze
Vale quindi la pena ricordare quali sono le competenze richieste al Mobility Manager. Tra i compiti del manager rientrano la gestione della mobilità aziendale e dei dipendenti, oltre che l’organizzazione dello smart working. Infatti, secondo il Ministero, la presenza dei dipendenti andrà sempre razionalizzata per evitare assembramenti e programmata per evitare giorni a mobilità zero e giorni pieni. Nelle intenzioni del Governo, i Mobility Manager dovrebbero anche condividere i dati raccolti sulla mobilità dei dipendenti con i Comuni, così da integrarli ai database utilizzati per il trasporto pubblico. Il che significa che il Mobility Manager deve possedere buone competenze di informatica e di raccolta dati, oltre che saper dialogare con le amministrazioni pubbliche. Nelle intenzioni del Governo, infatti, i piani di spostamento casa-lavoro sono finalizzati anche a una «più efficace distribuzione degli utenti del trasporto pubblico locale, oltre che a realizzare un coordinamento tra gli orari di inizio e termine delle attività economiche, lavorative e gli orari dei servizi di trasporto pubblico locale, urbano ed extraurbano».
Lo stipendio e la formazione
Ma quanto guadagna un Mobility Manager e che formazione possiede? Trattandosi di una figura ibrida, non esiste uno stipendio definito per il Mobility Manager e nemmeno un percorso di studi chiaro. In genere, si tratta di manager legati al mondo HR o ingegneri gestionali. Per quanto riguarda la busta paga, invece, a incidere sono due fattori: le dimensioni dell’azienda per cui si lavora e il numero di dipendenti da gestire e per cui progettare i PSCL. In genere, però, trattandosi di una figura con responsabilità decisionali, lo stipendio oscilla tra i 40mila e i 100mila euro lordi annuali nelle aziende private, mentre nel pubblico le cifre sono più contenute.