Potenziare le politiche attive e aiutare davvero le persone a trovare lavoro. Questo sulla carta l’obiettivo della riforma delle politiche attive avviata dal Ministero del Lavoro nel 2021. L’ultimo step in questo complesso percorso è stato il via libera della Conferenza Stato-Regioni al primo riparto, pari a 880 milioni di euro, delle risorse stanziate per il programma Gol, la cosiddetta Garanzia di Occupabilità dei Lavoratori. Un tassello del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) che apre, secondo il Ministero, «una nuova stagione per le politiche attive nel nostro Paese». Il Ministro del Lavoro, Andrea Orlando, punta a «un sistema che aiuti i lavoratori a cercare e a difendere il lavoro, e le imprese a riqualificare la manodopera». Al programma Gol sono nel complesso destinati 4,9 miliardi di euro (4,4 miliardi nel PNRR e 500 milioni nel React-EU), e i target del Piano parlano di almeno 3 milioni di beneficiari entro il 2025. Un esercito di lavoratori da rendere occupabili prima e occupati poi.
La strategia dell’esecutivo, al momento, è dare risorse alle Regioni per rafforzare i Centri per l’Impiego, storicamente non brillanti in termini di efficienza. C’è però un problema strutturale, se si guarda alla rete (551 i CpI in Italia) a cui saranno destinate buona parte delle risorse. A regime e grazie ai fondi, le Regioni potranno raddoppiare il personale dei centri: si passerà dai circa 8mila dipendenti a quasi 20mila. Posto che i fondi sono pensati per supportare la ricerca di lavoro di disoccupati in NASpI, ma anche cassintegrati e percettori del reddito di cittadinanza, appare evidente come la rete sia molto più forte al Nord, mentre l’offerta di lavoro langue in prevalenza al Sud.
Una delle possibilità per colmare questo gap è creare partnership pubblico-private, ad esempio con le ApL, (le Agenzie per il Lavoro) che hanno dimostrato di saper presidiare bene i territori. Serve quindi un’ottica di ecosistema in attuazione al principio di sussidiarietà. In breve, mettere insieme il meglio del collocamento privato e pubblico, facendo leva sul concetto di co-responsabilità, per avere un mercato del lavoro agile e davvero a misura delle persone. L’intervento è urgente anche (e soprattutto) se si guarda allo stato dell’arte.
L’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (Anpal) descrive il sistema pubblico delle politiche attive in Italia nel suo ultimo Rapporto di monitoraggio in questo modo: «Un sistema sottodimensionato rispetto alle richieste di servizi da parte dell’utenza e congestionato sul piano operativo». Non a caso, nel rapporto si legge che «non meno di un CpI su quattro lamenta forti criticità di competenze di personale nell’erogazione di servizi specialistici di orientamento e accompagnamento al lavoro». Il sistema sembra funzionare al meglio solo dove sono state create o sono presenti le condizioni per decongestionare l’organizzazione dei CpI. E in questo le ApL possono essere determinanti come ricordava qualche mese fa sul Sole 24 Ore Stefano Scabbio, President Southern Europe ManpowerGroup: «Le Agenzie per il lavoro, insieme ai Centri per l’Impiego, possono fare la differenza nelle transizioni occupazionali. Con un approccio aperto alla collaborazione e al confronto con tutti gli stakeholder si impegnano, infatti, a promuovere in modo positivo e conclusivo l’incontro fra domanda e offerta di lavoro». Il vero punto interrogativo, in vista della nuova era delle politiche attive, è semmai la capacità delle Regioni di spendere le risorse in arrivo dall’Europa in tempo utile.