Negli ultimi anni, in particolare, abbiamo assistito a un crescente interesse verso i temi della diversità e dell’inclusione. Il dibattito è stato a lungo appannaggio esclusivo di politiche sociali e rappresentanti di categoria, oggi però è una realtà anche nei contesti aziendali. Una vera e propria sfida per tutte quelle imprese che non vogliono restare indietro.
Ľ ultimo rapporto Microsoft su Diversity e Inclusion
Interessante l’approccio di Microsoft, che ha appena rilasciato il Diversity e Inclusion Report 2021. Nel presentarlo, Lindsay Rae McIntyre, Chief Diversity Officer, ha affermato: “Lo scorso anno è stato un periodo impegnativo per così tante persone, comunità e organizzazioni. Gli atti di odio e violenza in corso negli Stati Uniti e nel mondo hanno continuato a portare l’ingiustizia razziale in prima linea nella coscienza sociale, mentre la pandemia globale ha esacerbato le disuguaglianze e ha sconvolto le nostre vite. Di fronte a queste realtà, è palpabile il senso di urgenza di risolvere alcuni dei più grandi problemi sistemici di uguaglianza e inclusione”.
È rilevante l’approccio umanistico che va oltre i numeri (comunque importanti per comprendere i progressi e la direzione da seguire) per raccontare direttamente le esperienze dei lavoratori. Microsoft ha dedicato un vero e proprio sito alla questione: Inclusion Journey, una piattaforma per condividere le attività, confrontarsi con esperti di cambiamento sociale e scienziati comportamentali, ma soprattutto conoscere le storie dei dipendenti. Queste storie hanno anche un hashtag personalizzato: #PeopleOfMicrosoft. È evidente come l’azienda abbia affrontato a 360° la questione della diversità e dell’inclusione, coinvolgendo i dipendenti e differenziando le modalità di intervento. Basti pensare che a giugno 2021, ben il 96% dei dipendenti aveva completato corsi di apprendimento su D&I.
I progressi sono confermati anche dai risultati del report. All’interno della forza lavoro che ricopre ruoli di leadership sono aumentate le rappresentanze dei dipendenti dei seguenti gruppi: donne; neri e afroamericani; ispanici e latini; asiatici; nativi americani, nativi dell’Alaska, nativi hawaiani e delle isole del Pacifico; persone che si identificano come multirazziali. Una menzione a parte, a mio avviso, è da dedicare all’aumento registrato anche tra i dipendenti che hanno deciso di autoidentificarsi come disabile, ovvero portatore di una disabilità fisica, mentale o cognitiva.
È l’azienda stessa a incoraggiare i dipendenti a identificarsi volontariamente, non solo per essere supportati nel modo più appropriato, ma proprio per promuovere l’inclusività e far crollare i muri dei tabù e dell’autocensura. Ultimo ma non ultimo, grazie all’esperienza dei lavoratori disabili è stato possibile sviluppare soluzioni tecnologiche innovative che hanno contribuito a migliorare le condizioni delle persone con disabilità in tutto il mondo. Alcune fra queste sono, ad esempio, i sottotitoli in tempo reale su Teams, l’Adaptive Controller di Xbox e i Learning Tools. Il punto è che le azioni di Microsoft in direzione D&I non restano all’interno dei confini aziendali, ma impattano anche all’esterno, coinvolgendo un pubblico molto più ampio.
Diversity Manager: un ruolo sempre più importante per le aziende
È del 2020, l’indagine condotta da Istat e LUNAR per approfondire le misure di diversity management all’interno delle aziende italiane. La definizione di diversity e inclusion management (DM) è così riportata: “insieme delle misure e degli strumenti che intendono gestire e valorizzare le diversità dei lavoratori, promuovendone l’inclusione negli ambienti di lavoro”. Lo studio mostra come nel 2019 oltre un quinto delle imprese abbia adottato almeno una misura di DM non obbligatoria per legge, concentrandosi sulla gestione e valorizzazione delle diversità fra lavoratori rispetto ad età, genere, nazionalità e/o etnia, cittadinanza, disabilità e convinzioni religiose.
Uno degli aspetti rilevanti è il maggiore coinvolgimento delle aziende con l’aumentare del numero dei loro dipendenti. Infatti, sono coinvolte il 34% delle imprese con almeno 500 dipendenti rispetto al 19,8% delle imprese con un numero inferiore (50-499). Ľ aumento di interesse nei confronti delle misure di DM ha, come diretta conseguenza, un aumento della richiesta di competenze in quest’ambito. Di conseguenza, la figura del Diversity Manager è sempre più importante per le aziende. Il raggio d’azione delle risorse umane si è decisamente ampliato e arricchito.
La vera sfida del diversity management: autenticità e credibilità
Ľ interesse crescente verso questi temi potrebbe anche spingere le aziende nella direzione sbagliata, come ricorda in un’intervista Doriana De Benedictis, Diversity Engagement Partner per IBM Italia: «È facile pensare che il diversity manager sia qualcosa di convenzionale un “nice to have”, ovvero una competenza da possedere per essere eticamente “a posto”». In questo senso, il rischio sarebbe quello di perdere una grande occasione per poter fare davvero la differenza nella vita dei lavoratori. C’è da augurarsi che le aziende di oggi e di domani non perdano questo treno.