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Youth4Climate e PreCop 26, cosa chiedono i giovani sul fronte del lavoro

Scritto da Redazione di LinC | 10/12/21 10.35

Molto di più. È quanto si aspettavano i giovani dalla Cop26, la conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del 2021. Dopo quasi due settimane di trattative, dal 31 ottobre al 12 novembre, è infatti stato siglato un accordo “annacquato” tra i circa 200 Paesi partecipanti. Un accordo che non soddisfa le nuove generazioni, né sul fronte ambientale né tantomeno su quello sociale. Ma partiamo dalla tutela del pianeta.

L’ambiente

Se sulla riforestazione la maggior parte dei Paesi si è detto pronto a intervenire, è sulle emissioni che la conferenza ha fatto flop. Sull’addio al carbone, infatti, l’India ha dichiarato impiegherà fino al 2070 per azzerare le emissioni nette di gas serra, riuscendo ad ottenere un cambiamento dell’accordo all’ultimo minuto. Nel testo, la formula “phase-out”, cioè “eliminazione graduale” del carbone, è stata sostituita dall’espressione “phase-down”, cioè “riduzione graduale”.

Dure le parole dell’attivista Greta Thunberg che, dopo aver partecipato alla Youth4Climate per dare suggerimenti e idee ai partecipanti in vista della Conferenza, ha detto: «Non è un segreto che la Cop26 sia un fallimento. Dovrebbe essere ovvio che non possiamo risolvere una crisi con gli stessi metodi che l’hanno provocata». Per Thunberg i politici vivono in una bolla piena di fantasie e sono le nuove generazioni a doverli svegliare.

Secondo diversi attivisti dei Fridays for Future, l’obiettivo principale della conferenza doveva essere “tenere vivo l’1,5°C”. Ovvero mantenere viva la possibilità di limitare l’aumento delle temperature globali medie sotto 1,5°C. Su questo punto, la Conferenza ha, in effetti, fallito. I passi avanti per ridurre l’aumento delle temperature globali sono stati timidi a Glasgow, anche se è stato detto che nel 2022 l’argomento emissioni verrà ridiscusso dai capi di stato e di governo.

Equità sociale: il lavoro

I giovani chiedono quindi un impegno maggiore da parte dei Paesi sviluppati. Ma non solo sui temi ambientali. Le rivendicazioni riguardano le disuguaglianze sociali e le chance di futuro, che passano anche dal mondo del lavoro. Tra i rappresentanti del movimento italiano dei FfF, ad esempio, si parla sia di equa distribuzione dei vaccini e della necessità di trattare la crisi climatica con la stessa urgenza riservata alla crisi sanitaria legata al Covid-19, ma anche di equità sociale da garantire a tutti. Come ricordano da Asvis, l’Alleanza italiana per lo Sviluppo Sostenibile, le aspirazioni dei giovani italiani a un futuro più equo appaiono oggi compromesse. Tanto che diversi giovani, già nel 2019, avevano lanciato un manifesto ripreso in più punti dagli attivisti di oggi. In sintesi, i giovani sul fronte del lavoro chiedono una società più equa, dinamica, mobile e coesa.

Cosa fare?

Secondo le nuove generazioni il cambiamento passerà dalla scuola. Per questo, per ridurre le disuguaglianze, occorre incrementare la spesa pubblica per l’istruzione. Serve poi attuare misure di contrasto alla disoccupazione giovanile a lungo termine, potenziando il finanziamento di programmi di attivazione lavorativa per i giovani Neet, cioè chi non studia e non lavora. Fondamentale poi orientare le politiche economiche a favore di formazione, occupazione e permanenza nel mondo del lavoro dei giovani, anche attraverso incentivi fiscali e contributivi per nuove assunzioni stabili e ben retribuite. Senza dimenticare di rafforzare le misure volte a favorire l’autoimprenditorialità dei più giovani. Il che vuol dire supporto a startup e innovazione. Tra le proposte, anche l’introduzione di un salario orario minimo e tutele formali per i giovani lavoratori che ne sono sprovvisti.