Davide Maestri ha appena 34 anni. Non era ancora nato quando l’allenatore olandese Rinus Michels, a fine anni ‘60, rivoluzionò il mondo del pallone con il suo concetto di “calcio totale” e con un campione in campo come Johan Cruijff. Era ancora piccolino ai tempi del Milan di Arrigo Sacchi, altro discepolo di Michels. È invece riuscito a vedere di persona le lezioni del Barcellona di Pep Guardiola.
Nel modello del calcio totale la capacità principale è proprio quella di riuscire a valorizzare al massimo il talento e la creatività, pur in un settore altamente disciplinato e orientato ai risultati.
E allora Maestri ha voluto applicare al mondo aziendale gli insegnamenti dei suoi mentori calcistici, con uno schema che ha utilizzato prima nella pratica, per affrontare le sfide e le criticità della gestione e dell’organizzazione delle attività e delle risorse, umane ed economiche, sia in TMP Group, media company attiva nella comunicazione digitale e di cui Maestri è Direttore Generale, sia in Hangar21, struttura di mille metri quadri di cui Maestri è tra i fondatori, inaugurata nel marzo 2021 in via Tortona, a Milano, per la realizzazione di eventi digitali e fisici.
Lo stesso schema, poi, Maestri ha voluto condividerlo con tutti nel suo nuovo libro “Azienda Totale. Strategie di management per allenare il talento”, ora disponibile su Amazon.
Come spiega Maestri, “sin da ragazzo avevo in mente qualcosa di diverso dalla azienda interpretata come un rigido dogma, in forma piramidale. Un modello di azienda anni ‘80-90 vissuta a qualunque costo, ispirata dal mors tua vita mea, con il grande capitano d’industria, il self made man. Avevo invece la convinzione che un gruppo di persone orientate a uno scopo con mezzi finiti potesse essere moltiplicatore di valore economico, sociale e di crescita personale. In una azienda dove le persone sono il centro. In una azienda permeata da una cultura che deve necessariamente attribuire più valore alle persone che alle procedure. Una cultura che va oltre alla mera acquisizione di talento da altre aziende, e crea un automatismo in grado di generarlo costantemente in modo autonomo. Un’autoproduzione perpetua”.
Perciò un manager, ispirandosi agli insegnamenti di Michels, Cruijff, Sacchi o Guardiola, allena l’estetica (forma), l’efficacia (sostanza) e il talento (potenziale) per il raggiungimento degli obiettivi corporate e diventa così un designer del talento, in un sistema dove il collettivo esalta gli individui e l’individualismo fa brillare il collettivo. Ecco le basi della Azienda Totale che ha in mente Maestri.
Secondo cui esiste certamente un parallelismo tra la gestione di un team in ambito sportivo e in ambito aziendale: in entrambe le situazioni occorre definire un modello, uno stile e perseguire un insieme di valori capaci di dare un’identità al collettivo, per esaltare il capitale umano. I livelli aziendali vengono messi in correlazione uno con l’altro in modo che, combinando le diverse influenze e interazioni possa emergere un unico grande sistema complesso.
Gestire un team sportivo d’élite replica infatti in modo puntuale tutte le esigenze e le criticità della gestione aziendale. Il manager moderno nell’azienda totale deve saper progettare il modello di business (come il modulo di gioco nel calcio) adatto al mercato dove si esprime e deve essere in grado di dare i giusti strumenti ai suoi collaboratori per perseguire gli obiettivi. È fondamentale comprendere quali siano le caratteristiche e le potenzialità di ogni singolo collaboratore in azienda, per far emergere il talento e definire contemporaneamente un organigramma corretto a cui corrispondano flussi e carichi di lavoro adeguati. La bravura del manager sta proprio nel riuscire a coordinare i talenti presenti nel suo organico, allo scopo di implementare al meglio il modello di azienda predefinito, osservando e monitorando periodicamente le performance dei singoli. Di conseguenza dovrà saper valutare, riprogettare o migliorare ruoli e competenze interne fino a raggiungere l’incastro perfetto. Il processo è un’evoluzione empirica costante e come tale va corretta e riprovata.
Il manager diviene il responsabile dei valori e della cultura attorno ai quali gli altri membri del gruppo dirigente (consiglio di amministrazione, azionisti e presidenti) e dei colleghi (dipendenti, collaboratori e consulenti) convergono per raggiungere gli obiettivi stabiliti.
“Per adempiere a questo onere”, commenta Maestri, “il manager non rimane seduto e isolato in un ufficio d’angolo che gli impedisce di stare a stretto contatto con il suo team a tutti i livelli, ma sta letteralmente a bordo campo. È un coach, un motivatore, un buon ascoltatore, un severo maestro e un affabile confidente, e la sua presenza influisce sull’atmosfera del team, rafforza il livello di contatto e la trasmissione del sistema. I migliori manager sono noti per la loro capacità di reclutare un potenziale talento che poi fiorisce sotto la loro guida. Per fare questo deve necessariamente e quotidianamente orientarsi e guidare l’intera azienda attraverso dieci valori fondamentali: fratellanza, fiducia, fedeltà, impegno, eleganza, entusiasmo, resilienza, efficienza, creatività e responsabilità”.
Secondo Maestri, quindi, l’identikit di un leader moderno può essere riassunto con tre caratteristiche: visione, curiosità e ascolto. “Sicuramente necessita di una visione chiara, che arriva dall’esperienza pratica di gestione: deve saper ascoltare e avere una formazione orizzontale. Arrigo Sacchi sosteneva che non serve un cavallo per fare un bravo fantino. Credo che l’era degli iper-specialisti sia finita. Oggi, un leader deve avere un multi-potenziale da esprimere e deve saper costruire legami forti prima con le persone e successivamente con i professionisti. Negli scenari attuali, solo ponendo gli altri al centro e dando una direzione chiara”, conclude Maestri, “si può essere un leader legittimato e seguito da tutti”.