L’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo Sviluppo sostenibile, siglata nel 2015 dai 193 Stati membri, ha inserito un’importante riflessione sulla rilevanza del lavoro come motore e acceleratore di uno sviluppo di lungo corso, che porti benefici sociali, culturali ed economici. L’Obiettivo numero 8 ambisce infatti «a promuovere una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, un’occupazione piena e produttiva e un lavoro dignitoso per tutti». Sempre le Nazioni Unite stimano in 255 milioni il numero di posti di lavoro a tempo pieno persi a causa della pandemia da Covid e prevedono un aumento nel numero dei NEET (Not in Education, Employment or Training), che già nel 2019 rappresentavano il 14% dei giovani uomini (di età compresa tra i 15 e i 29 anni) e il 31,3% delle giovani donne (fonte The Sustainable Development Goals Report 2021).
In considerazione di questa premessa, nel fornire a giovani lavoratori alcuni strumenti per la ricerca di nuove occupazioni o per il mantenimento di quelle attuali, diventa cruciale una riflessione sul ruolo delle soft skills (o competenze trasversali di base). In particolare la capacità di adattamento, di pianificazione e organizzazione dei carichi di lavoro, di gestione dello stress e di situazioni complesse (problem solving), di lavorare in gruppo, ma tenendo sempre ben presente la centralità della persona quale prezioso player della squadra, in grado di essere attore positivo e propositivo di cambiamento, in primis all’interno della propria organizzazione. Innanzitutto è utile concentrarsi sugli spazi per l’acquisizione e lo sviluppo delle soft skills, spesso al di fuori delle aule scolastiche o universitarie e concentrati principalmente all’interno di associazioni universitarie (soprattutto se con respiro internazionale), di enti no-profit, di rappresentanze studentesche, che offrono opportunità di formazione pratica per lo sviluppo di logiche procedurali e progettuali, di gestione della responsabilità e del rischio, nonché di un notevole spirito di adattamento. Le competenze così acquisite sono trasversali a molteplici contesti lavorativi e permettono una più rapida integrazione all’interno dei team, oltre a opportunità di reverse mentoring intra-aziendale e a una più rapida crescita dei profili all’interno delle organizzazioni.
Il focus sulle soft skills risulta ancora più rilevante se associato alle nuove professioni emergenti e alle nuove modalità di gestione del percorso lavorativo, remoto o ibrido, in progressiva sostituzione della presenza costante in azienda. Infatti, la crescita delle job openings STEM (Science, Technology, Engineering, Mathematics) prevede spesso una modulazione del lavoro anche da remoto che richiede necessariamente un allenamento delle soft skills prima dell’ingresso nel mondo del lavoro.
Secondo il Report ISTAT del 22 luglio 2020 sui livelli di istruzione e ritorni occupazionali, «il tasso di occupazione della popolazione laureata raggiunge il livello più alto per l’area medico-sanitaria e farmaceutica (86,8%), seguono le lauree nell’ambito scientifico e tecnologico, le cosiddette STEM (83,6%)». L’ingresso nel mondo del lavoro per i giovani neo-laureati e neo-diplomati in discipline STEM è quindi fra i più rapidi perché pone al centro l’importanza di una formazione complessiva pre-ingresso.
La riflessione sull’occupazione STEM non può esimersi dalla riflessione sulla scarsa parità di genere. Secondo il medesimo report, nel 2019 il divario di genere per tali professioni è molto forte (il 37,3% degli uomini ha una laurea STEM contro il 16,2% delle donne) e questo fatto rappresenta uno degli agenti bloccanti nell’eliminazione del divario salariale di genere.
Ad oggi sono molti gli enti che si prodigano in direzione di una maggiore partecipazione del genere femminile nelle aule universitarie e nelle meeting room. Due esempi su tutti: Girls Who Code (organizzazione senza scopo di lucro fondata negli USA da Reshma Sajani) e il programma #ValoreD4STEM curato da Valore D (la prima associazione di imprese in Italia che, da oltre dieci anni, si impegna a promuovere e favorire l’equilibrio di genere e la cultura inclusiva nelle organizzazioni), creato per rispondere a una chiara necessità formativa fin dalla scuola elementare e ad una divulgazione sulle posizioni lavorative e sui percorsi di carriera che si aprono, nonché sulle esigenze delle donne occupate in posizioni STEM con un’importante priorità al bilanciamento tra lavoro e vita privata.
In conclusione, lo scenario che offre il 2021, in questa fase di stabilizzazione dallo shock che le organizzazioni hanno subito da marzo 2020, prevede una ancora maggiore necessità di dare priorità alle competenze trasversali unita a un investimento progressivo in crescita sullo sviluppo di profili STEM che riescano a mettere in gioco le soft skills ancora prima dell’inizio del percorso lavorativo.