Con un titolo così potrebbe essere un libro, invece è un articolo, che magari stai leggendo sui mezzi mentre vai all’Università e nella tua mente il pensiero del dopo laurea balena minaccioso (Spoiler: un libro sui job tips per under 35 l’ho pure scritto e si chiama Lavorare alla grande edito da Gribaudo).
Visto che il tempo è poco, in questo nostro immaginario viaggio, ti vorrei lasciare subito quattro consigli ultra efficaci per cambiare la tua percezione nei confronti del mondo del lavoro.
Attenzione: non troverai la soluzione ai quesiti classici dei colloqui tipo “Dove si vede tra 5 anni?” Di queste cose ne è piena la rete e – spoiler bis – ormai l’hanno capita pure i recruiter che tutti si preparano a cliché su queste domande e tanti hanno smesso di farle.
Il mio obiettivo è più ampio: farti vedere il processo che porta a trovare lavoro nella prospettiva dei meccanismi che lo gestiscono, smascherando tanti pregiudizi che ti sono proposti come “normalità”.
Vale l’Università e tutto quello che fai attorno
Nell’ultimo rapporto Almalaurea sulla condizione delle laureate e laureati, risulta che circa il 40% degli intervistati non trova coerenza tra il percorso di studi e gli sbocchi lavorativi. Questo perché, a parte lauree molto professionalizzanti come per esempio le professioni sanitarie, gran parte del lavoro che farai sarà la risultante di competenze trasversali (il “saper essere” ovvero “attitudini e predisposizioni” come per esempio organizzare, stare in pubblico, negoziare, convincere…) unito ad una base di competenze tecniche. Molti ruoli infatti, specie in azienda, si imparano sul campo e solo provandoli potrai capire quanto riflettono le tue reali ambizioni.
Su quest’ultimo punto, quello delle ambizioni, la relazione Almalaurea fornisce anche un altro importante insight. Dal 2015 al 2020 tra le aspettative nei confronti del lavoro è aumentata l’attenzione riposta verso l’indipendenza o autonomia, i rapporti con i colleghi, il luogo di lavoro e il tempo libero nel contribuire alla realizzazione professionale.
Quindi fai bene a concentrarti sugli studi, ma coltiva anche i tuoi interessi e passioni perché molto probabilmente ti faranno fare la differenza. Molte persone che incontro, infatti, hanno paura di “perdere tempo” andando all’estero durante l’Università o dedicarsi a esperienze parallele, come l’associazionismo: con estrema sicurezza, posso dirti che sono invece quel quid in più che il selezionatore si aspetta per riconoscere il talento.
Sei tu a dare un senso al tuo percorso
Di recente LinkedIn ha introdotto la funzione “Career Break” per segnalare degli intervalli nella nostra carriera lavorativa, dove magari ci siamo dedicati ad altri progetti, alla formazione oppure a curare la nostra salute o quella dei nostri cari. Questo è un passo rilevante nel riconoscere l’importanza delle pause nella definizione delle nostre competenze. Fermarsi non è mai perdere tempo, questo perché siamo noi a dare un senso alle nostre scelte. Un piccolo errore dovuto dall’inesperienza nei primi colloqui è proprio mettere le mani avanti e mettere in bocca al selezionatore un giudizio su noi stessi come “eh lo so sarei dovuto andare all’Estero”, “sì forse il voto non è altissimo”… Stop! Non dobbiamo intenerirlo ma narrare la NOSTRA versione dei fatti con un racconto che ci valorizzi. Ovvio, senza mentire ma evitando di far riferimento a quello che ci può mettere in difficoltà.
Hai tanto da raccontare
Connesso al punto precedente, questo suggerimento lo do nel mio ruolo di professionista che seleziona profili di neolaureati. Non mi aspetto, per ovvi motivi anagrafici, un profilo ricco di anni di esperienza ma, a farmi ricordare del candidato, saranno essenzialmente due aspetti: la consapevolezza di sé e l’entusiasmo con il quale si racconta.
Per soddisfare il primo punto immagina il colloquio come un confronto, e non come un esame. Racconta te stesso immaginando di capire come possiamo dare un contributo alla posizione per la quale ci candidiamo. Il secondo è invece l’elemento più magico e consente di trasferire all’altro curiosità e trasporto verso le esperienze che sono state più significative per noi. Ti consiglio, per questi motivi, di sfruttare lo spazio in fondo al CV, per descrivere i tuoi hobby e interessi: è una sezione molto apprezzata dai recruiter e avrai a disposizione tanti spunti dai quali far emergere te stesso e il tuo entusiasmo.
Il tuo lavoro ideale? Saranno più di uno
Il mondo del lavoro è cambiato, non ci piove, e cambierà ancora. Per nostra volontà, perché magari crescendo, avremo nuove ambizioni. Per l’evoluzione tecnologica che farà emergere nuovi ruoli e la necessità di formarsi regolarmente. Per via del prolungarsi del periodo lavorativo quando magari dovremo far fronte alle esigenze dei nostri familiari. Se dovessi darti un consiglio, quindi, è quello di “fare un passo per volta” e chiederti periodicamente “come stai?” In modo da fare il punto sui tuoi obiettivi e priorità. Il lavoro ideale non sarà più solo uno e lo sceglierai tra i ruoli che più si adattano al tuo stile di vita.
Infine, mi sembra doveroso dirlo, anche se ci sarebbe bisogno di scriverlo a caratteri cubitali: BASTA con questa retorica del “giovane che consuma e non produce”. I Gen Z hanno conosciuto il mondo dopo l’11 Settembre, i Millennial hanno finito l’università dopo due crisi economiche mondiali, entrambi stanno (o meglio stiamo visto che ci sono anche io) facendo il possibile per realizzarsi in un mondo incerto dal punto di vista storico, ambientale, economico e sociale. Sono le generazioni più istruite della storia, abituate a mettersi in discussione, alla gestione oculata delle risorse, a valutare le cose e non a prenderle passivamente: credo che non saremo per nulla male a confronto di chi ci ha preceduto.