L’accademia militare, le missioni in Afghanistan, l’intervento in Emilia nel post terremoto. E poi, allo scoccare dei 30 anni, il cambio di rotta. Il ritorno tra i banchi di scuola – letteralmente – per rafforzare il pilastro su cui dovrebbe basarsi ogni carriera: le competenze. È così che Alfredo Perna ha rivoluzionato la sua vita, passando da un percorso nell’esercito a uno da manager in uno dei siti più all’avanguardia del colosso Amazon.
Partiamo dagli anni nell’esercito. Secondo l’Osservatorio 2021 delle Professioni in Divisa, 2 giovani su 5 sarebbero pronti a intraprendere una carriera militare. La motivazione principale è nei valori che la divisa rappresenta. Qual è stata la sua leva?
«Io sono figlio di un ufficiale, ho sempre vissuto l’esercito da vicino, ma ho scelto questo percorso per pura vocazione. Credo non possa essere altrimenti. Mi piace pensare che l’uniforme, quando la metti per la prima volta, poi non la togli più. Rappresenta chi sei, la tua etica, i tuoi principi. Sono entrato in Accademia a 19 anni, dopo il concorso, e mi sono formato come esperto militare, ma anche e soprattutto come persona».
Ci dica di più rispetto alla sua formazione…
«Mi sono laureato in Scienze Strategiche e a 24 anni mi sono trasferito a Forlì, dove sono diventato ufficiale di fanteria aeromobile. A seguire, sono diventato comandante di plotone in Afghanistan. Ho fatto due missioni che mi hanno segnato profondamente, a cui sono seguite esperienze altrettanto forti anche in Italia, come l’Operazione Strade Sicure per il contrasto alla criminalità e l’intervento per il post terremoto in Emilia».
Cosa le hanno lasciato queste esperienze in termini di skills acquisite?
«Oltre alle competenze tecniche, che credo siano la base in ogni professione, ho appreso moltissimo sulla leadership e sulla gestione dello stress. Mi sono ritrovato a contatto con la parte più profonda dell’essere umano, ho capito come dover essere un riferimento per i miei uomini, come tenere alta la motivazione, come indicare la rotta. E al tempo stesso, ho cercato di trovare il giusto bilanciamento tra capacità di delega, e quindi fiducia, e presenza, dunque supporto. Tutto questo, però, partendo da un presupposto: le soft skills sono importanti se si ha una buona base di hard skills. Io sono stato credibile per i miei uomini e mi sono meritato il loro rispetto perché ero competente. Poi, su questa base, ho costruito tutto il resto».
Fino a che ha deciso di cambiare strada.
«A 30 anni avevo terminato la prima parte della mia vita operativa e volevo mettermi alla prova con esperienze diverse. La fase di transizione è stata complessa, non lo nego, e ancora una volta ho scelto di affrontarla validando la mia professionalità. Non volevo creare buchi tra ciò che avevo appreso fino a quel momento e ciò che avrei fatto dopo. Per questo, ho deciso di frequentare un Executive MBA alla School of Management dell’Università Bocconi. Ho iniziato il percorso mentre ancora lavoravo nell’esercito e questa è stata un’ulteriore sfida. Inoltre, mi sono ritrovato in una realtà molto diversa da quella a cui ero abituato, a partire dal vocabolario per poi passare al modo di agire e ai vissuti. Ma tutto questo ha generato un impatto forte su di me perché mi ha consentito di ampliare, e non limitare, le mie opportunità di crescita».
L’MBA ti ha portato in Amazon: cosa lega la tua vita di prima a quella di oggi?
«“Un minuto è fatto di 60 secondi”. È stata una delle prime frasi che mi hanno detto quando sono entrato in Accademia e la ripeto ogni giorno anche nella mia nuova vita da site leader a Spilamberto, in provincia di Modena, il primo centro di distribuzione robotico italiano di Amazon, un magazzino da 35 mila mq. Gestire il tempo, pianificare, dividere tutto in step, darsi degli obiettivi: sono tutte strategie che ho appreso negli anni in divisa e che mi sono utilissime anche oggi».
La robotica è al centro dell’hub di Amazon in cui lavori oggi ed è, in generale, una grande scommessa per il futuro del lavoro. In che modo, un ex militare come te, affronta i cambiamenti portati dall’innovazione?
«Cerco di individuare la finalità ultima e mi chiedo in che modo quell’innovazione, così dirompente, può essermi utile. Nel caso dello smistamento robotico a Spilamberto, un centro nevralgico su una delle dorsali logistiche più importanti d’Italia e d’Europa, la robotica è uno straordinario supporto in termini di sicurezza e di qualità del lavoro: operazioni ripetitive vengono rese meno impattanti per i lavoratori e al tempo stesso garantiamo un servizio più efficiente ai clienti».
Come è cambiato, invece, il tuo modo di rapportarti con le persone con cui lavori?
«La gestione delle persone credo sia il vero grande fil rouge delle mie due carriere: do il massimo per far crescere chi ho accanto, un tempo lo facevo con il mio plotone, oggi con il mio team. Contribuire allo sviluppo di nuovi talenti mi rende orgoglioso. E, da militare o da civile, l’arma segreta per riuscirci è, ancora una volta, la fiducia».