La Coaching culture che fa bene all’innovazione

In una società in continuo mutamento, in cui la tensione all’innovazione è costante e diffusa, è essenziale riuscire a identificare le giuste coordinate, per non perdersi ed essere anzi parte attiva dell’evoluzione in corso. Come? La risposta è nel coaching. Una metodologia che parte da un’interrogazione profonda e autentica della persona e dei suoi obiettivi, per far emergere consapevolezze, approcci e competenze nuovi. Giorgio Giancarlo Renzulli, Psicologo del Lavoro e delle Organizzazioni, Responsabile della Leadership & Coaching Academy in ManpowerGroup, Business & Executive Coach e membro di organizzazioni nazionali e internazionali deputate allo sviluppo del coaching e del mentoring, spiega come questa disciplina sia la miglior alleata dell’individuo moderno. Un modo infallibile per imparare a guardare il mondo da un’altra prospettiva, più funzionale per avere successo.

Giorgio Renzulli

 

Perché dovremmo sviluppare e diffondere la coaching culture?

«La nostra società è attraversata da tensioni e incertezze e lo sarà sempre di più, come stiamo vedendo proprio in questi ultimi 3 anni. Pensando a Bauman, oggi possiamo affermare di aver superato la società liquida e di essere entrati nella cosiddetta società “gassosa”, segnata da trasformazioni continue, imprevedibili, oramai multiple, con un sensibile incremento di complessità, entropia, turbolenza. In questo contesto, ogni individuo è in perpetuo movimento e i rapporti con le comunità sono in costante evoluzione, talvolta, volatili, ambigui. Questo non deve spaventarci, ma deve essere colto come una grande opportunità di evoluzione per esprimere il proprio talento, specie se possiamo contare su alcuni strumenti. Il coaching è uno di questi, forse il più potente, perché ci aiuta a guardare alle soluzioni, anziché ai problemi».

 

Come possiamo definire il coaching

«Tecnicamente il coaching è una conversazione tra un esperto, il coach, e una Persona o gruppo di Persone, coachee. È finalizzato a sviluppare consapevolezza nel coachee dei suoi punti di forza, delle sue aree di miglioramento e, soprattutto, delle convinzioni profonde che orientano i suoi comportamenti, atteggiamenti, emozioni e percezioni del mondo. Il coaching rafforza le competenze delle Persone e fa emergere le diverse potenzialità inespresse o ignote. Il tutto, si traduce nel miglioramento della capacità del coachee nel conseguire gli obiettivi desiderati. Il coaching, per sua stessa natura guarda in avanti e stimola le Persone a vedere le cose da numerosi punti di vista diversi.  Questa prospettiva aiuta sia i singoli che le Organizzazioni a capire come meglio gestire lo stato attuale e come investire sul futuro».

 

Quale può essere, a suo avviso, l’importanza di una coaching culture?

«Per massimizzare i vantaggi derivanti dal coaching è importante non limitarsi ad attivare percorsi one shot ed evitare di considerare il coaching come mero strumento per “rimediare” a prestazioni insoddisfacenti dell’individuo, ma promuovere una cultura organizzativa basata sull’ascolto profondo delle Persone, sulla collaborazione, sulla comunicazione aperta e trasparente, autentica e sul feedback valorizzante. Dunque, è necessario costruire un ecosistema favorevole alla crescita delle Persone e delle relazioni tra loro: tutto ciò si chiama Coaching Culture. Il punto di partenza è la capacità di ascolto: non significa solo rilevare dei contenuti, ma andare in profondità, capire i bisogni, le idee, le emozioni, i dubbi, le paure dell’altro. L’ascolto consente di stabilire relazioni profonde e stimolanti e permette di fornire feedback “evidence based”, efficaci, arricchenti».

 

Quale è l’importanza del feedback nello sviluppo di una coaching culture?

«Il feedback è fondamentale: non significa limitarsi a evidenziare i limiti, ma rispettare l’altro, condividerne le difficoltà, stimolare l’interlocutore verso nuove prospettive e punti di vista, valorizzarne le potenzialità. Tutto questo produce una comunicazione libera, franca, autentica».

 

Tornando sul coaching come processo, come si misura l’efficacia di un percorso di coaching?

 «Il coaching consente di ottenere benefici profondi, duraturi nel tempo, ma soprattutto concreti, come è necessario alle Persone e alle Organizzazioni. Per misurarne l’efficacia vi sono da anni molteplici studi e ricerche. Personalmente trovo sempre efficace la tassonomia individuata da Donald Kirkpatrick, sviluppata in ordine al roi della formazione. Si tratta di un modello di valutazione che evidenzia i 4 livelli di output ottenibili da un percorso ben gestito: la soddisfazione dei partecipanti, coachee nel nostro caso; l’apprendimento di nuove conoscenze /competenze; la messa in pratica delle capacità acquisite nel day by day professionalel’impatto sul contesto operativo e i suoi risultati rispetto agli obiettivi desiderati (es. incremento di market share, fatturato, gross profit, clienti attivi e/o fidelizzati, etc.). Assicurare risultati tangibili è, infatti, l’aspetto chiave del processo di coaching».

 

Per quali tipologie di competenze è più indicato un percorso di coaching

«Il coaching è fondamentale nello sviluppo di capacità relazionali, manageriali, organizzative, di leadership, di innovazione, praticamente ogni area di comportamento organizzativo può beneficiare di un percorso di coaching. Durante un percorso si lavora sul potenziamento di tali capacità e sull’emersione di nuove potenzialità. Per andare sul concreto: l’engagement e la capacità di motivare, il time management, la comunicazione efficace, la delega o la pianificazione strategica.

Tuttavia, il valore più elevato di un percorso di coaching è produrre una “trasformazione” della Persona, una ristrutturazione delle sue eventuali convinzioni limitanti, dei suoi modi di percepirsi e di percepire il suo ruolo e il contesto intorno a sé, sempre funzionalmente agli obiettivi personali/professionali attesiSi chiama “coaching trasformazionale”, appunto».

 

In ManpowerGroup ha attivato un interessante percorso di sviluppo manageriale dedicato agli Head of Business Unit. Di cosa si tratta?

«Si tratta di una grande intuizione della nostra Senior Leadership aziendale, proprio nel solco dello sviluppo di una coaching culture diffusa. In ManpowerGroup gestiamo percorsi di coaching per i nostri manager e per gli high talent dal 2003 parallelamente a interventi di sensibilizzazione/formazione sulle coaching techniques e sul mentoring

Durante la pandemia da Covid 19, abbiamattivato un percorso tra i primi nel suo genere, almeno in Italia. Abbiamo lanciato il Master di Certificazione “Manager Coach ManpowerGroup”.

È un percorso estremamente esperienziale che ha portato i partecipanti (34 Head of) a sviluppare competenze di alto livello. Il programma ha avuto una durata di 9 mesi e ha previsto diversi interventi formativi, con una miriade di momenti pratici ed esperienziali, sia tra coach-supervisor e partecipante che tra i partecipanti autonomamente, nella consapevolezza che il coaching si impara facendolo. Siamo partiti da un assessment sulle competenze di base, identificando i punti di forza e quelli sui quali lavorare per divenire un manager coach efficace. Gli output dell’assessment hanno dato vita a un percorso individuale di rafforzamento. Elemento distintivo del percorso è l’aver strutturato molteplici e approfondite sessioni esperienziali tra coach–supervisor e singolo partecipante: sessioni definite “Sparring Partner Experience” in cui il supervisor ricopre il ruolo di cliente/coachee e il partecipante il ruolo di coach. Abbiamo preso in prestito dalla boxe il termine Sparring Partner con cui si designa un collega che funge da avversario per il boxeur in allenamento. La forza di tali simulazioni è nella gestione del feedback in tempo reale, step by step. Lo sparring è molto importante perché permette di sviluppare capacità, provare tecniche, lavorare sulle aree da migliorare in una reale sessione di coaching. Altro elemento esperienziale è stato costituito dalle “Shadow session” nelle quali 2 partecipanti per volta si sono allenati in coppia davanti al coach-supervisor, in ombra, osservatore silente. Queste sessioni innalzano il livello di realismo della sessione e incrementano il livello di self-efficacy e di self-confidence nel partecipante nel ruolo di coach. Questa tipologia di sessioni esperienziali e le sessioni a coppia o triadi che i partecipanti hanno organizzato autonomamente, talvolta on line e talvolta in person, hanno costituito, a detta degli Head of, un’esperienza molto intensa e al tempo stesso stimolante e arricchente. L’impegno profuso da ciascun Head of ha dato alla fine il frutto auspicato, consentendo loro di arrivare preparati ed energizzati all’esame di certificazione finale: tutti i 34 Head of hanno superato brillantemente l’esame finale, estremamente impegnativo. Non potevamo che celebrare questo grande risultato con un magnifico Graduation Day e la consegna dei diplomi “Manager Coach ManpowerGroup”. Le prossime edizioni del master consentiranno di estendere il parterre dei partecipanti e, dunque, la diffusione della coaching culture nell’azienda».

 

La dimensione umana dunque, emerge come fondamentale oggi nella gestione di un intervento di coaching. Crede che l’Intelligenza Artificiale che sta pervadendo ogni ambito della nostra vita, cambierà anche il modo di approcciare al coaching

«Già vent’anni fa c’era chi sviluppava app con domande in sequenza in stile coaching. Non nego che il progresso informatico sia importante e pervasivo anche nel mondo del coaching. Credo che per specifici obiettivi, semmai circoscritti, ma non meno importanti, l’informatizzazione possa produrre benefici interessanti. Personalmente, esprimo la convinzione che l’elemento umano farà sempre la differenza. Il coach riesce a entrare in profonda connessione con chi ha davanti, il suo atteggiamento apprezzativo e stimolante viene percepito dalla Persona come coinvolgente, potente, talvolta dirompente e trasformativo, appunto. L’interazione ha la potenza di far germogliare i semi del coachee e li trasforma in splendide fioriture. Tutto questo è molto umano. Servono metodologie, tecniche certo, ma serve anche cuore».

 

Come immagina, quindi, il futuro del coaching?

«Il futuro del coaching è sempre più florido. Il coaching è e sarà sempre più un alleato potente per imparare a rispondere in modo funzionale, necessariamente innovativo, alle sfide che ci attendono. Il coaching ci aiuterà a vincere perché stimola e produce l’innovazione delle innovazioni, quella di noi stessi».

Articoli Correlati