Lo scorso 15 giugno ha compiuto trentacinque anni il programma Erasmus+, l’iniziativa dell’Unione Europea nata nel 1987 per favorire l’istruzione e la formazione, inclusa quella sportiva, della gioventù europea. Il programma, il cui acronimo sta per European Region Action Scheme for the Mobility of University Students, garantisce infatti la possibilità per studenti e personale docente di trascorrere un periodo – la cosiddetta mobilità – in un’istituzione straniera, prendendo parte in prima persona alle diverse attività proposte. La mobilità internazionale promossa dal progetto Erasmus+ può riguardare formazione scolastica, ma anche professionale: lo schema permette di svolgere traineeship in precise aziende inquadrate all’interno della convezione, nonché esperienze di volontariato. Nel 2020, attraverso il programma, circa 640.000 persone hanno studiato, svolto stage e percorsi di volontariato all’estero, coinvolgendo 126.900 organizzazioni e 20.400 progetti. Per gli anni compresi fra il 2021 e il 2027 – ogni sei anni, infatti, Erasmus+ viene ridiscusso e rinnovato – si prevede che il bilancio a disposizione dell’iniziativa sia di 26,2 miliardi di euro, il doppio rispetto alla quota precedente: l’occasione per incrementare partnership e coinvolgimenti, aumentando potenzialmente il bacino di utenti del programma.
Sia che si tratti di un semestre trascorso in un’università straniera o di un periodo di tirocinio in un’azienda estera, l’iter da seguire per la presentazione della domanda di partecipazione al programma è simile. È necessario verificare che fra le due istituzioni – quella di provenienza e quella di destinazione – esista un accordo all’interno delle diverse convenzioni stabilite da Erasmus+ attraverso le varie agenzie nazionali specializzate. Se così non fosse, è possibile costituirne delle nuove, ampliando così l’offerta. Spetta al singolo interessato presentare la domanda, secondo i tempi e le scadenze decise dall’ente di appartenenza, che stabilisce inoltre i requisiti fondamentali per accedere al programma: solitamente, la conoscenza accertata della lingua del paese di destinazione – tramite certificazioni internazionali riconosciute o esami svolti presso il Centro Linguistico d’Ateneo attestanti il livello di conoscenza della lingua – la media degli esami effettuati e la presentazione di una lettera motivazionale, che indichi precisamente le destinazioni scelte (quattro preferenze, nella maggior parte dei casi) e i criteri alla base di questa selezione. L’istituzione di provenienza assegnerà poi un punteggio ai documenti presentati, tenendo conto delle mete indicate e del loro ordine per l’assegnazione finale della destinazione. Una volta completata la selezione, il soggetto avvierà i contatti fra le due organizzazioni, compilando il cosiddetto Learning Agreement (LA), l’attestato che contiene il piano delle attività da svolgere durante la permanenza presso l’ente straniero. Il completamento delle attività inserite nel LA garantisce l’erogazione della seconda parte del contributo previsto dal programma, la “borsa Erasmus+”, che comprende inoltre una quota per ogni mese passato all’estero, con un importo che varia a seconda del costo della vita del paese ospitante.
Secondo l’ultimo studio indipendente pubblicato nel 2019 dalla Direzione Generale per l’Educazione, la Gioventù, lo Sport e la Cultura della Commissione Europea, il programma Erasmus+, in tutte le sue declinazioni, sembra assicurare a chi vi ha preso parte una maggiore spendibilità sul mercato del lavoro. Stando ai dati, infatti, il 79% circa dei laureati che ha svolto un’esperienza all’estero trova un posto di lavoro entro tre mesi dal conseguimento del titolo e circa il 72% degli studenti della cosiddetta generazione Erasmus+, provenienti soprattutto dalle regioni meridionali e orientali d’Europa, dichiara che il programma ha contribuito notevolmente ad aumentare le occasioni professionali. Il 90% di chi già lavora e ha trascorso un periodo di mobilità all’estero si dichiara soddisfatto della propria professione, che ha potuto ottenere anche grazie alle competenze acquisite durante la permanenza in un paese straniero, che in circa il 30% dei casi si riconferma destinazione dell’occupazione futura. Guardando alle esperienze di tirocinio all’interno del quadro Erasmus+, il 40% dei partecipanti ha ricevuto un’offerta di lavoro presso l’istituzione ospitante, una percentuale che scende di 10 punti se si guarda ai soli giovani italiani. Il programma Erasmus+ sembrerebbe favorire l’assimilazione di tutta una serie di soft skill che il mercato del lavoro oggi ampiamente richiede: competenze digitali, padronanza di una o più lingue straniere, attitudine al problem solving, miglioramento delle capacità di interazione in ambienti multiculturali. Uno studente che vanta nel suo profilo la partecipazione ad un progetto Erasmus+ rappresenta quindi un candidato migliore nella fase di selezione.
Il programma Erasmus+ prevede la partecipazione di tutti gli Stati appartenenti all’Unione Europea, con l’aggiunta dei cosiddetti paesi associati: Norvegia, Islanda, Liechtenstein, Repubblica di Macedonia del Nord, Repubblica di Turchia e Repubblica di Serbia. Fino al 31 dicembre 2020 l’elenco comprendeva quindi anche il Regno Unito, una delle mete preferite a livello globale accanto a Spagna e Germania: con la Brexit, l’uscita del paese dall’Unione Europea, la partecipazione inglese al progetto ha subito delle evidenti modifiche. Il Regno Unito, ex membro della compagine europea, ha scelto infatti di non rinnovare lo schema Erasmus+ per gli anni 2021/2027, preferendo lanciare una propria iniziativa nazionale chiamata Turing Scheme. Rimangono però attive tutte le convenzioni e gli accordi stipulati all’interno del quadro finanziario 2014/2020, fino a conclusione delle stesse: è quindi ancora possibile raggiungere il Regno Unito per un periodo di mobilità, assicurandosi che l’istituzione di partenza e quella di destinazione abbiano firmato un programma di scambio all’interno dell’ultimo bilancio utile, quello 2014/2020. Le condizioni di accesso, di presentazione della domanda e di ricezione del contributo economico restano invariate. È importante però sottolineare il fatto che per uno scambio Erasmus+ superiore a sei mesi il Regno Unito richiede un documento VISA. Nel momento in cui queste attività arrivano a conclusione, non venendo più finanziate, Erasmus+ cesserà di esistere per il paese d’oltremanica, che continuerà però ad essere una destinazione per tutte quelle opportunità che l’Unione Europea promuove con Stati ed organizzazioni di paesi terzi.