A febbraio Amazon ha annunciato che avrebbe raddoppiato il livello massimo dello stipendio base previsto per i suoi dipendenti maggiormente qualificati, portandolo da 160 mila a 350 mila dollari. Tra i motivi di questa scelta Amazon ha citato un mercato del lavoro estremamente competitivo, in cui l’unico modo per trattenere i dipendenti più bravi è quello di pagarli di più. È anche vero che Amazon ha notoriamente stipendi di base più bassi dei concorrenti, che l’azienda fa aumentare grazie all’aggiunta di stock option e di bonus.
Allo stesso modo, però, ha risposto qualche mese dopo Microsoft che ha scelto di raddoppiare il budget aziendale per l’aumento degli stipendi dei propri dipendenti e di incrementare di almeno il 25 per cento la quota di stock option che assegna ai propri lavoratori. Il motivo è lo stesso di Amazon: trattenere i lavoratori in azienda. Microsoft lo ha detto apertamente: «Mentre teniamo conto dell’impatto dell’inflazione, questi cambiamenti rappresentano anche l’apprezzamento verso i nostri talenti di punta che sostengono la nostra missione aziendale, la nostra cultura e i nostri clienti».
Adeguamenti salariali per dipendenti qualificati e dirigenti sono stati previsti anche da Apple e Alphabet, la società che controlla la galassia dei servizi Google.
Dunque, negli ultimi mesi trattenere i dipendenti è diventato complesso anche per molte aziende di successo globale. Le società non devono più pensare soltanto a ideare nuovi prodotti, creare servizi più efficienti, allargare la base dei propri clienti. A questi tipici dilemmi aziendali si è aggiunta infatti la necessità di aumentare gli stipendi per via di un mercato del lavoro molto concorrenziale.
Dati i grossissimi guadagni fatti dalle aziende tecnologiche durante la pandemia, gli adeguamenti contrattuali sono ampiamente sopportabili per i bilanci societari. Tuttavia, è proprio la pandemia la causa di questi grossi cambiamenti del mercato del lavoro.
Essa non solo ha stravolto il modo in cui si lavora, avendo finalmente diffuso soluzioni che prevedono il lavoro anche senza la presenza fisica in ufficio, ma ha anche modificato in modo irreversibile la maniera in cui si interpreta il lavoro. Lo stop che ha imposto a tutti noi la pandemia ha offerto del tempo, che altrimenti non si sarebbe avuto, per ragionare sul significato del lavoro stesso e sull’importanza che ciascuno di noi assegna al lavoro.
Questi elementi hanno prodotto il fenomeno delle Grandi dimissioni, ovvero un’ondata di dimissioni volontarie di massa, che negli Usa – dove si è notata con maggiore evidenza anche per via dell’elevata dinamicità del mercato del lavoro – ha visto 4 milioni di americani lasciare il proprio posto di lavoro nel solo mese di aprile 2021 per ricercare condizioni migliori. Il tasso percentuale di dimissioni della popolazione negli Usa ha superato il 3 per cento tra il 2021 e il 2022.
La ricerca di flessibilità oraria, dello smart working e di un migliore equilibrio tra vita lavorativa e vita privata emerge anche da uno studio che ManpowerGroup ha condotto in cinque paesi diversi (Australia, Francia, Italia, Regno Unito e Stati Uniti) assieme alla società Thrive. Il 93 per cento degli oltre 5 mila lavoratori e lavoratrici intervistati ha dichiarato di considerare la flessibilità come aspetto fondamentale della propria vita lavorativa e il 70 per cento desidera avere un lavoro che crei soddisfazione e appagamento.
Di fronte a questi fattori e richieste, trattenere i lavoratori è difficile anche per le aziende digitali e tecnologiche tanto che Microsoft, Amazon, Apple e Google hanno tutte risposto nel modo più immediato ed efficace, aumentando gli stipendi previsti per i migliori talenti e lavoratori.
Esistono però anche altri modi per mantenere i propri dipendenti in azienda, e questi rientrano nella strategia di employer branding, l’insieme di misure per aumentare la reputazione di una società come datore di lavoro nei confronti dei dipendenti, di candidati lavoratori e dei clienti.
Lavorare sull’employer branding significa offrire ai propri dipendenti un miglior equilibrio tra lavoro e vita familiare, favorire l’empowerment delle lavoratrici, instaurare un ambiente positivo e collaborativo tra colleghi e capi. Anche i corsi di formazione, l’assicurazione sanitaria integrativa e i fondi pensione, che sono tipicamente soluzioni di welfare aziendale, rientrano nell’employer branding.