Break my soul è stato definito come l’inno di Queen B alla Great Resignation, quelle che in Italia siamo ormai soliti chiamare Grandi Dimissioni. Beyoncé nel suo tormentone estivo ci dice infatti di innamorarci, lasciare il lavoro che ci crea stress inutile e trovare nuove motivazioni per la nostra vita.
La regina del pop torna dopo sei anni con un nuovo album, Renaissance, letteralmente Rinascimento, e invita i fan a cantare e a ballare sulle avversità dei nostri tempi. Le parole scritte da Beyoncé suggeriscono de facto di abbandonare il lavoro spesso causa di nevrosi e insonnia per seguire solo ciò che ci fa stare bene. Quell’equilibrio tra vita e lavoro spesso disatteso e che in Break my soul Beyoncé intona perfettamente: vero e proprio manifesto contro il fenomeno del burnout, quello stato di continuo stress che non ci fa staccare dai nostri pc e smartphone per stare dietro al lavoro che il più delle volte ci porta a perdere energie mentali e fisiche.
Questo corto circuito da stress lavorativo purtroppo, soprattutto nel periodo post-pandemia, ha interessato sempre più persone in tutto il mondo e ha portato, in particolare gli americani stando a una delle ultime indagini di McKinsey, tra aprile e settembre 2021 4,5 milioni di persone a dimettersi, 4,2 milioni solo nel mese di novembre. La sindrome del burnout ha innescato letteralmente la miccia delle Grandi dimissioni che poi si sono tradotte nella ricerca di una nuova felicità per milioni e milioni di lavoratori. Queen B infatti canta:
«Mi sono innamorata e ho appena lasciato il mio lavoro. Troverò una nuova spinta, accidenti, mi fanno lavorare così tanto». E poi di nuovo il ritornello: «Libera la tua rabbia, lascia il tuo lavoro, libera lo stress».
Inutile dirlo, ma il successo è stato immediato, in appena un mese oltre 100 mila stream su Spotify, tanto che qualcuno sui social in tono scherzoso (forse poi neanche troppo) scrive: “Se Beyoncé mi dice di licenziarmi, io lo faccio”. Ma è davvero così semplice?
La risposta non è mai facile, anche se a suggerirla è una regina come Beyoncé. In una delle sue ultime interviste ad Harper’s Bazaar la cantante spiega forse meglio il punto: «Con tutto l’isolamento e l’ingiustizia dell’ultimo anno, penso che siamo tutti pronti a fuggire, viaggiare, amare e ridere di nuovo. Sento che sta emergendo una rinascita e voglio essere parte del coltivare quella fuga in ogni modo possibile».
Una volta c’era il mito del posto fisso e della carriera a tutti i costi, ambizioni che hanno condizionato, e ancora lo fanno, le decisioni e i percorsi professionali di intere generazioni. Qualcosa però si è rotto, è inequivocabile: il sistema del lavoro cosiddetto “tradizionale”, quello basato sulla spicciola equazione “più lavori più produci” ha iniziato a cigolare e a non convincere più così tanto i lavoratori. Ogni giorno da ormai due anni parliamo di settimana corta, smart working e, appunto, grandi dimissioni.
La vita lavorativa è cambiata radicalmente e Beyoncé canta semplicemente la storia dei nostri tempi. Il report di ManpowerGroup What Workers Want lo aveva già evidenziato: il lavoro ibrido e remoto ha aperto la strada ai lavoratori che vogliono godere di maggiore flessibilità, considerata dal 93% di loro come fondamentale nella propria vita professionale. Il 45% desidera infatti scegliere l’orario di inizio e di fine, e il 18% lavorerebbe un giorno in meno per una paga inferiore. La chiave non sta in una scelta drastica, ma nel trovare un equilibrio diverso, un ambiente di lavoro più sereno e sano, flessibile appunto che si adatti alle necessità di ciascun lavoratore. Quel work life balance che permette oggi alle persone di coltivare le proprie passioni, o avere il tempo per dedicarsi alla formazione, attività di upskilling e reskiling per aggiornare le competenze.
Non tutti sono dunque pronti a lasciare il lavoro, magari neanche lo vogliono, ma il bello delle canzoni è anche che ognuno dà il significato che ritiene più giusto, spesso quello meno letterale e più concreto. Beyoncé ci dice di innamorarci, capire ciò che ci fa stare bene e metterlo in pratica. Dimentichiamo le incombenze, lo stress e il lavoro per quanto si può. Inseguiamo nuove motivazioni, nuove vibrazioni, nuovi equilibri. Dobbiamo necessariamente lasciare il lavoro per farlo? Forse, o forse no. Si cercano allora delle alternative, quella nuova spinta di cui parla la nostra regina B, la stessa che ci porta a una nuova felicità e perché no, magari anche a un nuovo lavoro, più gratificante e in linea con le nostre aspirazioni. E allora in quel caso continuiamo a cantare: «I just quit my job».
*Foto di Carlijn Jacobs, Album – Renaissance