C’è uno smart worker che si aggira con il proprio computer portatile tra l’ufficio, un viaggio in aereo, in corsa in macchina, nella giungla, poi su fino allo spazio, e sfogliando le pagine del nuovo numero di LINC, tra illustrazioni e articoli, l’invito è quello di continuare a ricercarlo, pagina dopo pagina, per trovare risposta alla domanda che viene naturale porsi: quale sarà il suo prossimo inizio? What’s next?
Questo è l’interrogativo che accompagna la lettura del nuovo numero di LINC: una riflessione su quale sarà il volto del nostro prossimo futuro in ambito lavorativo, quali sono le volontà che ci guidano nelle nostre scelte professionali e a chi possiamo rivolgerci per avere delle risposte.
Mentre Elon Musk, in totale controtendenza, chiede ai dipendenti di Twitter di tornare a lavorare in ufficio almeno 40 ore a settimana, sembra in realtà che il lavoro contemporaneo sarà sempre più flessibile, offline e manuale – secondo quanto scrive il filosofo Leonardo Caffo in uno degli editoriali di apertura – e le domande «chi siamo» e «cosa facciamo» – sulle quali si sofferma la scrittrice e neo mamma Nadia Terranova – e soprattutto «come lo faremo», sono sempre più lecite di fronte a una vita che si prospetta essere ibrida in ogni ambito.
La volontà di cambiare è forte – ne sono un esempio le dibattute grandi dimissioni che raccontiamo con il commento di Mariano Corso – ma bisogna capire cosa ci spinge a voler stravolgere tutto, partendo da una autoanalisi personale per trovare il proprio work-life integration. Separare nettamente ciò che accade al lavoro da ciò che accade a casa diventa una prospettiva improponibile il più delle volte, ed è forse il motivo per cui una delle rappresentazioni più amate dal pubblico delle serie televisive sia, al contrario di quanto si possa pensare, proprio quella della workplace tv. Ritrovarsi nelle dinamiche d’ufficio permette agli spettatori di mettere da parte le proprie irrequietezze quotidiane, un po’ sulla stessa linea dello storytelling di Agenzia Stanca che sceglie di adottare sulle proprie pagine social, ironizzando sulle scenette di ufficio moderne più assurde e riflettendo sul fatto che, vicini o lontani, siamo tutti uniti dallo stesso linguaggio.
Il concetto di unione e connessione, in questa realtà ibrida all’insegna di continue scissioni, sopravvive nella colleganza e nei rapporti con i colleghi, che tra pre e post pandemia, si scoprono essere diversi e alla ricerca di un senso di appartenenza e comunità; nell’evoluzione del mondo del lavoro, come osserva Giampaolo Colletti, da quello che faremo al come lo faremo, il futuro passerà sempre e comunque dalle persone e l’uomo resterà al centro dei processi lavorativi. In quest’ottica rivolgersi alle nuove generazioni, e farlo nel modo corretto, è di cruciale importanza, e l’iniziativa di Carolina Sansoni e Ludovica Tofanelli con Talkin Pills, che raccontiamo in uno degli articoli, raccoglie questo sentimento rivolgendosi direttamente alla next generation e fornendogli gli strumenti di cui necessitano i giovani della generazione x e millennials per interfacciarsi con le grandi aziende.
Tra riflessioni su come creare una carriera sostenibile, la realtà di vivere anche in casa con una seconda scrivania, e il portfolio curato da Domenico Carnimeo che chiude questo numero, LINC invita i lettori a un gioco: nel ricercare lo smart worker perduto, in qualche modo interrogare anche sé stessi sulla propria posizione attuale e come vorremmo che fosse domani.
*Nell’immagine in evidenza e di seguito nella cover due delle illustrazioni di Domenico Carnimeo
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