Quella tra musica e lavoro è una relazione per nulla complicata

La musica è spesso considerata un “oggetto” da analizzare per determinarne significati o, se non altro, il valore e la compatibilità con il nostro gusto 

Il ruolo che però può assumere nelle nostre vite quotidiane è molto più sfaccettato di così: la musica, di per sè, non ha sempre un significato intrinseco, né dipende squisitamente dal giudizio e dal rapporto che si crea tra un brano, un album e il fruitore. Molto spesso è determinata dal contesto sociale e di relazioni dalle quali viene generata, basti pensare alle epifanie che può generare un’esperienza di ascolto collettiva come quella dei concerti, dei rave o dei canti religiosi.  

Mentre assemblo queste riflessioni – con la schiena dritta di fronte alla scrivania del mio salotto – sto ascoltando Music for Animals, album del 2022 del compositore Nils Frahm. È un album perfetto perchè in quasi tre ore restituisce tutto ciò che personalmente richiedo alla musica nella sua funzione complementare: no lyrics, quiete, distensione meditativa. I movimenti sotto la superficie dei synth e l’ariosità dei cluster di note mi convincono di essere più concentrato, o forse hanno un reale potere cinematico sulle mie sinapsi e sui miei nervi.  

Ognuno ha le sue abitudini nell’associare un sottofondo musicale ad attività più o meno ripetitive; una ex collega, ad esempio, nei momenti analitici del suo lavoro su cervellotici fogli Excel, ascoltava per ore il suono – a suo dire rilassante – del phon per capelli; a giudicare dai 5.000.000 di visualizzazioni di questo video, non era e non è la sola.  

In molti ricorderanno Lo-fi girl, icona al contempo malinconica e rassicurante del nostro confinamento; sapevamo che, sul canale ChilledCow, l’avremmo trovata imperturbabile a tutte le ore, con una colonna sonora studiata per farci annegare in quel torpore triste e monotono ma al tempo stesso consolatorio 

Di quel filone di ASMR/relaxing/sleeping music, il favorito resta il video-colonna sonora dei vicini napoletani che litigano 

Ma dunque, esiste una musica perfetta per trovare la giusta concentrazione sul posto di lavoro? C’è differenza tra la musica che ascoltiamo al lavoro e quella, per esempio, di quando siamo a casa in smart working? La musica ha un impatto su, ad esempio, la nostra creatività?  

Stando al saggio Rhythms of Labour – music at work in Britain pubblicato qualche anno fa da Cambridge University Press, sembra di si ed esiste un’incidenza evidente sulla comprensione di certi task lavorativi e sull’esperienza complessiva.  

Secondo Marek Korczynski, professore di Sociologia del lavoro alla University of Nottingham Business School, se anche una canzone non è una canzone pensata per coordinare il lavoro – incide su di esso in termini di energia e cadenza dello stesso. Ma ancora di più: il lato più intangibile che emotivamente viene innescato dall’ascolto di certa musica non porta ad alcun escapismo ma ci aiuta, invece, a re-immaginare quello che stiamo facendo, mantenendoci concentrati in modo più creativo sia che si tratti di un lavoro più sbilanciato sullo sforzo manuale, che su quello intellettuale. 

Le premesse con le quali una persona decidere di ascoltare musica al lavoro sono ovviamente diverse ma è interessante analizzare anche il suo ruolo ancillare: c’è chi infatti preferisce ascoltare musica nei momenti che precedono o seguono le ore in ufficio, chi di rimando non la ascolta al lavoro ma la considera un argomento centrale di conversazione fra i colleghi.  

Sembrerebbe più uno scenario alla The Office ma c’è chi dichiara di scegliere il sottofondo musicale di giornata insieme ai colleghi.  

Quindi musica da ascoltare in cuffia o in sottofondo, in ufficio o a casa in smart working? La risposta è sempre sì.  

Questa infine è The Ultimate Work Playlist, la playlist globale più ascoltata al lavoro, a cura di LinkedIn. 

 

Per i giovanissimi invece c’è, ogni mese, su Spotify una playlist diversa creata da ManpowerGroup per chi cerca la carica prima di un esame o di un colloquio di lavoro. 

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