«Chi studia sa che non vincerà mai, anche se gli assegnano il Nobel. Ma sa anche che non può perdere». Rita Levi-Montalcini è stata, e rimane tuttora, un’icona da ammirare per il suo impegno in campo scientifico e sociale. Donna ebrea, in anni in cui il contesto rendeva storicamente pericoloso dichiararlo, è stata capace di arricchire di meriti non solo l’Italia con il suo attivismo, che le ha reso il riconoscimento di senatrice a vita, ma anche tutto il mondo della medicina, per le sue ricerche e scoperte che le valsero il Premio Nobel nel 1986. Ma dietro il ritratto di una professionista che ha accumulato molteplici successi carrieristici e della prima donna italiana ad aver vinto un riconoscimento tanto prestigioso, chi era Rita nella sua dimensione più intimistica, o ancora più semplicemente: chi era «Ri»? La risposta a questa domanda è contenuta tra le pagine del nuovo libro, edito Mondadori a settembre di quest’anno, Un sogno al microscopio. Il viaggio verso il Nobel di Rita Levi-Montalcini, che ripropone, capitolo dopo capitolo, un ritratto dietro le quinte della sua vita.
Si tratta di un lavoro editoriale a quattro mani, realizzato da Piera Levi-Montalcini, nipote di Rita, fondatrice e presidente dell’associazione omonima, e Alberto Cappio, responsabile delle attività di ricerca, valorizzazione e promozione dell’archivio della famiglia Levi-Montalcini. Tramite la raccolta di lettere scritte da “zia Rita”, approfondimenti dell’archivio, racconti e oggetti personali come fotografie, filmati, appunti, documenti, libri, pagelle e giornali dell’epoca, i due autori sono riusciti a ricostruire con cura, umanità, e anche simpatia, gli anni dell’infanzia della scienziata, proseguendo poi per tutta la sua vita.
All’apertura di ogni capitolo si incontra una frase della protagonista che introduce emotivamente il lettore, tra le prime troviamo: «Quanto io ho raggiunto, al di là di ogni speranza, deriva dall’intuito e dall’andare controcorrente». La frase è rappresentativa di un episodio che ritrae Rita bambina intenta a raccogliere la sfida degli amichetti, suoi coetanei, a scalare le rocce anche se con la gonna. E poi di nuovo quella stessa frase assume significato quanto riferita all’immagine più adulta di scienziata, esempio concreto di una donna che ha lottato per emergere.
La narrazione di questo e altri episodi affidati alla voce della nipote, come quello che racconta di una Rita non particolarmente studiosa e annoiata dalla scuola che compie marachelle, crea empatia anche con i più piccoli che possono identificarsi e sentire il suo modello più vicino.
Donna determinata a realizzare le sue idee e battersi per ciò che più l’appassiona, da sempre è in lotta per emergere e affermare quello in cui crede. Ne è un esempio la risolutezza con cui porta avanti la scelta di dedicarsi agli studi di medicina, una scelta non condivisa dalla sua famiglia, soprattutto dal padre che, oltre a conservare una concezione tradizionale del ruolo della donna, aveva dubbi sulla riuscita di questa impresa visto l’impegno altalenante della figlia nello studio. «Ma questa volta è diverso! Ho sempre considerato la scuola qualcosa che dovevo fare per forza. Dovevo prendere bei voti per voi, per la maestra. […] Questa volta, invece, papà… sono io che scelgo».
Sono queste ultime parole a mostrare quanto la determinazione personale sia potente, e quella di Rita ne è una chiara esemplificazione, soprattutto considerando gli anni che seguirono la decisione di coronare il suo sogno di bambina. Laureata con successo, furono le vicende storiche – a partire dalle leggi razziali del ‘38 – a ostacolarla, anche se neppure la fuga, i rischi, la paura e la minaccia di deportazione la fermarono dal proseguire i suoi intenti. Ed è proprio la frase di apertura del prologo, pronunciata dalla stessa «Ri» ribelle, che si presta in realtà alla chiusura di una riflessione sul ruolo di questa donna straordinaria, e allo stesso tempo come massima di vita da tenere sempre a mente: «Pensate al futuro che vi aspetta, pensate a quello che potete fare, e non temete niente. Non temete le difficoltà, io ne ho passate molte, e le ho attraversate senza paura».