Siamo alla ricerca di talenti. Il cosiddetto talent shortage di cui sentiamo continuamente parlare è una realtà, e sempre più aziende intenzionate ad assumere (solo in Italia parliamo del 72%), segnalano quanto sia difficile reperire candidati con qualità come adattabilità, disciplina, creatività, capacità di risolvere problemi e di lavorare in squadra. La nuova frontiera è la flessibilità, non solo sul posto di lavoro. Questi anni di pandemia ci hanno insegnato un nuovo modo di vivere e conseguentemente di lavorare. Ci siamo adattati alle situazioni cercando di trarne il meglio dove possibile.
Il mercato del lavoro sta cambiando – è già cambiato – si evolve continuamente e da questa trasformazione emerge la necessità di mettere al centro le persone. In questo nuovo contesto dobbiamo lasciarci il passato alle spalle, determinante per il successo delle aziende e dei lavoratori sarà focalizzarsi su fattori quali la già citata flessibilità, l’empatia e la collaborazione che aiutano la produttività del team e l’esperienza dei suoi singoli componenti. La performance non si può più misurare in base alle ore di presenza in ufficio, questa non può definire infatti il successo o la produttività di un lavoro. Avere obiettivi precisi e chiari invece offre oggi più che mai una garanzia, ci dà l’opportunità di migliorare le nostre competenze e aiuta il diffondersi di una cultura del lavoro che accompagna e supporta le persone.
Torniamo allora alla riflessione iniziale: siamo alla ricerca di talenti, ma chi sono i talenti? Il talento da solo non è la soluzione ma se accompagnato da capacità come la flessibilità, l’autonomia, il supporto al benessere fisico e mentale, la fiducia, l’opportunità di crescita, allora la ricerca di quel talento diventa fondamentale per dare valore al lavoro di tutti. Come noi siamo alla ricerca dei talenti, che cosa desiderano i talenti dalle aziende? Vogliono fiducia, motivazione, formazione, vogliono dare un significato al proprio lavoro. In questo nuovo mercato, fatto di continui cambiamenti e innovazione, un dialogo tra le persone e i datori di lavori diventa necessario, e questa sorta di wish list dei candidati, che ormai da due anni abbiamo imparato a conoscere, è la guida per leggere e comprendere il futuro.
Dati alla mano sappiamo che il 96% delle persone nel mondo desidera flessibilità, il 59% vorrebbe la settimana lavorativa di quattro giorni, il 38% chiede di scegliere dove lavorare in base alle esigenze quotidiane. Abbiamo tutti questi numeri ma forse non sappiamo ancora quale sarà l’esito finale, cosa verrà dopo, dopo great resignation e quiet quitting, dopo che abbiamo capito che il ritorno in ufficio deve esserci ma deve coesistere con un’ibridazione del lavoro stesso.
Dopo tutto questo cosa succederà? Nel domani la differenza per attrarre e trattenere questi talenti introvabili la farà l’ascolto, il sapersi adattare e il rispondere alle esigenze delle persone, al di là dell’aspetto puramente economico. Stiamo ancora prendendo le misure dei nostri nuovi spazi e delle nostre nuove esigenze, ma proseguiamo nel lavoro con una altrettanto nuova consapevolezza: la possibilità di scelta. I lavoratori sanno cosa vogliono e hanno l’opportunità di raggiungere i propri obiettivi, l’obbligo morale delle aziende è ora quello di aiutarli a dare il meglio.
Del futuro è vero non vi è certezza ma in questo contesto post-pandemia non dobbiamo dare nulla per scontato ed è quindi necessario fermarci, ascoltare e solo allora agire così da attrarre e trattenere i migliori talenti, perché sì, per guardare e scoprire il futuro siamo proprio alla loro ricerca.
* L’immagine in evidenza è la cover del nuovo numero cartaceo di LINC – What’s next, firmata da Domenico Carnimeo.