Le organizzazioni sono sistemi complessi che riescono ad allineare nel tempo i comportamenti di persone che ricoprono ruoli diversi e operano in luoghi e a volte anche tempi diversi.
In un mondo nel quale i processi di trasformazione sono complessi e le qualità del singolo sono rilevanti, ma non essenziali, il segreto del successo di un’organizzazione risiede nella qualità di questo allineamento. Ma cosa cerchiamo di allineare quando progettiamo organizzazioni e processi? Il nostro obiettivo, a volte implicito, è di raggiungere tre qualità di allineamento:
- un allineamento operativo, nel quale le azioni di ogni persona si realizzano nel modo migliore possibile, dati gli obiettivi. Il modo migliore possibile varia in relazione al contenuto del ruolo (per un operatore di macchina potrebbe fare riferimento alla velocità o alla riduzione degli scarti; per un venditore al numero di gare vinte), alla natura del processo di lavoro (per esempio, se individuale o di team) e agli obiettivi dell’organizzazione (per un assistente alla vendita di settori diversi può variare il livello di servizio da fornire al cliente). Questo allineamento ha a che fare con i procedimenti relativi al disegno dei ruoli e dei processi e con le politiche di gestione delle risorse umane;
- un allineamento cognitivo, che riguarda la comprensione e l’accettazione positiva delle attività da svolgere, nonché degli obiettivi e delle strategie esplicitate. Questo allineamento ha a che fare con il processo di condivisione degli obiettivi, con la comunicazione interna e con la qualità della leadership a tutti i livelli;
- un allineamento culturale, che riguarda il sistema dei valori della persona e le sue reazioni affettive (se non, secondo alcuni, addirittura psicoanalitiche con l’organizzazione). Questo allineamento chiama in causa oltre alla leadership, l’identità e la cultura dell’organizzazione e in modo crescente quello che chiamiamo il purpose.
Le politiche di gestione delle persone nelle organizzazioni sono chiamate a mantenere questo allineamento, perché dalla sua qualità dipende la performance del singolo, del team e di conseguenza dell’intero soggetto. Nel tempo gli enti hanno sviluppato strumenti sempre nuovi per garantire questo allineamento: tra di essi quello più importante e duraturo è certamente il processo di performance review. La performance review è un processo strutturato e formalizzato che ha l’obiettivo primario di analizzare la prestazione erogata da una persona in un arco temporale definito. Tale analisi ha conseguenze gestionali, perché dovrebbe condurre in primo luogo a un processo di feedback orientato a migliorare nel tempo la prestazione. A tale fine il processo di performance review è associato a elementi economici (incentivi) o di sviluppo (formazione, carriera ecc.) che agiscono come rinforzo. Alla natura multidimensionale dell’allineamento ricercato corrispondono diverse componenti del processo, quali i contenuti di valutazione (comportamenti, risultati e/o obiettivi), il processo di definizione degli obiettivi e quello di valutazione vera e propria, la natura delle conseguenze (incentivi), il grado di sfida e di differenziazione e in generale il peso simbolico del sistema in ogni singola organizzazione. Purtroppo, chi progetta questi sistemi non ha sempre chiaro il ruolo delle tre forme di allineamento che nel loro insieme rafforzano la qualità di ogni sistema gestionale.
Reagendo in modo diverso nel tempo alle sfide di allineamento più importanti, le aziende hanno sviluppato nuove forme di performance review, alterando alcune delle componenti, per esempio:
- strutturandola in fasi distinte, di cui sono tipiche quella di goal setting, la mid-year review e il colloquio di feedback;
- armonizzandola tra valutatori e contesti diversi per incrementarne l’equità, attivando esercizi di calibration;
- allargando la valutazione a 360 gradi, coinvolgendo oltre al responsabile, i pari, i collaboratori e a volte i clienti interni ed esterni.
Il processo di performance review è diventato sempre più complesso e costoso da realizzare, coinvolgendo in modo significativo manager, persone e funzione risorse umane, in un enorme sforzo collettivo volto a realizzare un allineamento operativo, cognitivo e culturale di successo. Diversi aspetti hanno concorso a rendere sempre più articolato e rigido il sistema, quali la digitalizzazione – spesso con supporti informatici poco adattabili per i costi di programmazione – oppure la dinamica organizzativa che comporta un continuo, faticoso fine tuning.
Poiché processi e burocrazia tendono a prendere il sopravvento su contenuto e progetto, in molte imprese l’esercizio annuale di questo processo ha perso la tensione realizzativa e ha acquisito una funzione quasi rituale, al limite del “religioso”. Le persone hanno sviluppato adattamenti volti a ridurne l’incertezza e la conflittualità. Percependo questo allentamento di intensità, c’è chi ha provato a strutturare ancora di più il sistema, obbligando i valutatori dentro criteri stringenti o a seguire una distribuzione forzata delle valutazioni per garantire una differenziazione reale tra livelli di performance realizzate. La conseguenza di medio termine è un processo che in letteratura viene definito di imbrication, ovvero di adattamento della tecnologia di performance review alle esigenze di controllo dell’incertezza e ambiguità del sistema organizzativo da parte delle persone. con il risultato di depotenziare l’allineamento che si ottiene.
A fronte di un sistema che si è fatto più articolato, complesso e quindi costoso, in termini di tempi e attività, un numero crescente di organizzazioni ha intrapreso un processo di revisione critica, mentre Williams (nda: co-autore di uno studio del 1989 in materia) si è spinto a sostenere che la performance review sia “morta”. Chi ha dato ragione a Williams ha limitato il processo di performance review alla dimensione degli obiettivi e incentivi aziendali, investendo invece sulla trasformazione del ruolo del manager. Ha, per esempio, perseguito l’idea del manager-coach per recuperare una prospettiva più immediata di sense-giving e allineamento dei comportamenti operativi delle persone. Si tratta di una strada non semplice perché richiede una trasformazione culturale importante e perché si scontra con un’abitudine professionale abituale, con i manager che si rivolgono al sistema di performance review come strumento essenziale di gestione.
Un’alternativa passa per la trasformazione del processo per recuperarne la finalità essenziale di allineamento operativo, cognitivo e culturale attraverso l’uso della tecnologia. La cosiddetta continuous performance review, resa possibile da nuove piattaforme a supporto della relazione tra manager e collaboratore (quando non a 360°), prevede di trasformare ogni interazione in un’occasione per una conversazione su obiettivi, comportamenti e risultati. Manager e persone si scambiano osservazioni e valutazioni in modo continuativo e nelle piattaforme più evolute sono anche indicate delle possibili azioni per migliorare costantemente le proprie performance. Anche questa soluzione non è priva di criticità, perché, oltre a richiedere una trasformazione culturale ed operativa, aggiunge attività al flusso quotidiano di lavoro e rischia di non essere colta appieno in organizzazioni nelle quali l’intensità di lavoro è oggi molto elevata.
Ciò permette di evidenziare un’osservazione fondamentale, in grado di togliere la performance review dall’ambiguità in cui si trova. Un top manager che ritiene essenziale lavorare sulle performance delle persone deve incorporare il carico di lavoro che ne deriva nella definizione dei propri processi operativi. Se ciò non accade, usare il sistema tradizionale o una qualsiasi delle alternative esaminate diventa irrilevante: lo sviluppo delle persone richiede tempo, e soprattutto tempo di qualità. Senza, rimane lo scheletro dei sistemi che usiamo.
***Eng version
Organisations are complex systems that manage to align over time the behaviour of people operating in different roles and different places, and sometimes even at different times. In a world where transformation processes are complex and the qualities of the individual are relevant, but not essential, the secret of an organisation’s success lies in the quality of this alignment. But what are we trying to align when designing organisations and processes? Our goal, sometimes implicitly, is to achieve three types of alignment:
- an operational alignment, in which the actions of each person are realised in the best possible way, given the objectives. The best possible way varies according to the content of the role (for a machine operator it might refer to speed or waste reduction; for a salesperson to the number of tenders won), the nature of the work process (e.g. whether individual or team) and the organisation’s objectives (for a sales assistant from different sectors, the level of service to be provided to the customer might vary). This alignment has to do with the procedures related to the design of roles and processes and with human resource management policies;
- a cognitive alignment, which concerns the understanding and positive acceptance of the activities to be carried out, as well as the explicit objectives and strategies. This alignment has to do with the goal-sharing process, internal communication and the quality of leadership at all levels;
- a cultural alignment, concerning the person’s value system and his or her affective (or, according to some, even psychoanalytic) reactions with the organisation. This alignment involves not only leadership, but also the identity and culture of the organisation and increasingly what we call purpose.
People management policies in organisations are called upon to maintain this alignment, because its quality depends upon the performance of the individual, the team and consequently the whole entity. Over time, organisations have developed new tools to ensure this alignment: among them, the most important and enduring is certainly the performance review process. A performance review is a structured and formalised process that has the primary objective of analysing the performance of an individual over a defined period of time. This analysis has managerial consequences, because it should primarily lead to a feedback process geared towards improving performance over time. To this end, the performance review process is associated with economic (incentives) or developmental (training, career, etc.) elements that act as reinforcement. The multidimensional nature of the alignment sought corresponds to different components of the process, such as the content of the evaluation (behaviour, results and/or objectives), the process of goal-setting and the actual evaluation process, the nature of the consequences (incentives), the degree of challenge and differentiation, and in general, the symbolic weight of the system in each individual organisation. Unfortunately, those who design these systems are not always clear about the role of the three forms of alignment that together enhance the quality of any management system.
Reacting differently over time to major alignment challenges, companies have developed new forms of performance reviews, altering some of the components, for example:
- structuring it into distinct phases, of which goal setting, mid-year review and feedback interview are typical;
- harmonising it between different evaluators and contexts to increase fairness, activating calibration exercises;
- broadening the assessment in an overall way, involving not only the manager, but also peers, co-workers and sometimes internal and external customers.
The performance review process has become increasingly complex and costly to implement, significantly involving managers, people and the human resources department in a huge collective effort to achieve successful operational, cognitive and cultural alignment. Several aspects have contributed to making the system more and more articulated and rigid, such as digitisation – often with computer supports that are not very adaptable due to programming costs – or the organisational dynamic that involves continuous, laborious fine-tuning.
Because processes and bureaucracy tend to take over content and design, in many companies the annual exercise of this process has lost its realisable tension and acquired an almost ritualistic function, bordering on the “religious”. People have developed adaptations in order to reduce its uncertainty and conflict. Sensing this loosening of intensity, there are those who have tried to structure the system even further, forcing evaluators to remain within stringent criteria or following a forced distribution of evaluations to ensure a real differentiation between levels of performance achieved. The medium-term consequence is a process that is referred to in the literature as imbrication, i.e. the adaptation of performance review technology to people’s needs to control uncertainty and ambiguity in the organisational system, with the result of weakening the alignment that has been achieved.
Faced with a system that has become more articulated, complex and therefore costly, in terms of time and activity, an increasing number of organisations have embarked on a process of critical review, while Williams (author’s note: co-author of a 1989 study on the subject) has gone so far as to claim that the performance review is “dead”. Those who agreed with Williams limited the performance review process to the dimension of corporate goals and incentives, investing instead in the transformation of the manager’s role. It has, for example, pursued the idea of the manager-coach to recover a more immediate perspective of sense-giving and aligning people’s operational behaviour. This is not an easy road, because it requires a significant cultural transformation and because it clashes with a customary professional habit, with managers turning to the performance review system as an essential management tool.
An alternative is to transform the process to recover its essential purpose of operational, cognitive and cultural alignment through the use of technology. The so-called continuous performance review, made possible by new platforms supporting the relationship between manager and employee (when not overall), involves turning every interaction into an opportunity for a conversation about goals, behaviour and results. Managers and people exchange observations and evaluations on an ongoing basis, and in the more advanced platforms, possible actions are also indicated that will be able to continuously improve performance. Even this solution is not without its critical aspects, because, in addition to requiring a cultural and operational transformation, it adds activities to the daily workflow and runs the risk of not being fully utilised in organisations where work intensity is now very high.
This highlights a fundamental observation that can release the performance review from the ambiguity in which it finds itself. A top manager who considers it essential to work on people’s performance must incorporate the resulting workload in the definition of his or her operational processes. If this does not happen, using the traditional system or any of the examined alternatives becomes irrelevant: people’s development takes time, and especially quality time. Without it, the skeleton of the systems we use remains.