Cosa lega la trasformazione digitale alla transizione ecologico-sociale? Il fatto che manca un collante cruciale: la rivoluzione nei modelli di business. Nell’epoca contemporanea assistiamo a cambiamenti epocali, che troppo spesso vengono affrontati attraverso direttrici parallele che proseguono all’infinito senza mai convergere.
Affrontare queste rivoluzioni per compartimenti stagni è il modo migliore per non comprendere appieno tali sfide alla radice e fallire. La transizione ecologica che porta a un reale impatto non può prescindere da una profonda revisione del core business, altrimenti si riduce a mero greenwashing. Lo stesso discorso vale per la trasformazione digitale: accedere a un servizio cloud o rinnovare l’applicativo gestionale senza cambiare davvero come si lavora o ciò che si propone al mercato è solo tech-washing. Serve poi comprendere a fondo il rapporto tra sostenibilità e digitalizzazione, un argomento sempre più strategico e rilevante.
Per comprendere meglio questi fenomeni, presso il nostro Institute for Transformative Innovation Research (ITIR) dell’Università di Pavia abbiamo indagato come i leader aziendali – i cosiddetti C-Levels – affrontano queste problematiche e quali soluzioni stanno adottando. In particolare, abbiamo proposto un questionario strutturato a 2248 top manager impegnati in tre specifiche aree: innovazione, digitalizzazione e sostenibilità ambientale/sociale. Il campione finale è stato di 558 rispondenti. La distribuzione dei tre ruoli nel nostro campione non è omogenea: in pochi, infatti, si concentrano esclusivamente su uno dei tre mandati (per esempio, un Chief Innovation Officer “puro”). Sono invece comuni delle ibridazioni tra queste tre dimensioni (per esempio, Chief Digital Innovation Officer, Chief Sustainability and Innovation Officer, Chief Digital Sustainability Officer, ecc.).
Questo studio ci ha permesso di delineare un profilo socio-demografico dei leader in tema di innovazione, digitalizzazione e sostenibilità. In primo luogo, la percentuale di donne alla guida di questi processi è ancora modesta, ma si notano segnali positivi. Per esempio, solo il 14 per cento dei responsabili dei processi di innovazione sono donne, ma il dato è in crescita rispetto al 2021, quando erano il 9 per cento. È interessante notare che quando si parla di sostenibilità – come nel caso dei Chief Sustainability Officer – questa percentuale aumenta al 32 per cento. L’età media si attesta intorno ai 49 anni, indipendentemente dall’area di competenza, sia essa innovazione, digitalizzazione o sostenibilità.
È interessante notare quali siano le principali priorità di questi C-Levels:
- L’innovazione, più che lo sviluppo tecnologico in senso lato, emerge come una questione di riposizionamento strategico e di nuovi modelli di business, specie facendo leva sulla trasformazione digitale;
- La purpose transformation – sostenibilità – va oltre i confini aziendali: per quanto lo sviluppo della cultura aziendale sia indicato come assolutamente prioritario, emerge molto anche come una questione di collaborazioni, alleanze, costruzione di un ecosistema;
- La trasformazione digitale è percepita ancora come troppo lontana rispetto alle questioni di sostenibilità, specie ambientale.
Sono comunque figure con diverse sovrapposizioni, ancora alla ricerca di una propria identità. In conclusione, dallo studio emerge chiaramente che, nelle imprese che faticano a rinnovarsi, trasformazione digitale e sostenibilità ambientale-sociale seguono direttrici parallele con poche similitudini, persone con poche affinità tra loro, obiettivi divergenti e disallineati. Nelle imprese di successo, viceversa, si rileva l’emergere di competenze nuove, come la sostenibilità digitale o la cosiddetta innovability, si avviano piattaforme per re-immaginare – ancor prima del business – come impattare in modo rilevante su prosperità e società, per lasciare un segno ambizioso e nobile nel mondo in cui viviamo, facendo leva su nuovi paradigmi tecnologici. Solo una visione romantica utile a meri fini di marketing? La risposta è esattamente ciò che crea uno spartiacque tra le aziende che stanno vincendo le sfide sopra citate e quelle che ci stanno capendo ben poco.
Denicolai è professore di Innovation Management all’Università di Pavia, dove è anche direttore della Laurea Magistrale MIBE e dell’Executive MBA. È direttore del Digita4good Lab e coordinatore dei moduli su innovazione e digitalizzazione in sanità al master EMMLOS.