LincMagazine

Continuare a comunicare

Scritto da Federica Grimoldi | 12/12/24 8.00

In un mondo del lavoro che corre sempre più veloce, tra rivoluzioni tecnologiche e impegni per la sostenibilità, le storie ricoprono un ruolo fondamentale, come ci ricorda Pablo Trincia. Illuminano, infatti, dettagli e dinamiche nascosti, accendono l’attenzione e l’interesse di chi le ascolta e stimolano il dibattito pubblico. 

Parlare di podcast, oggi, significa immediatamente affiancare il nome di Pablo Trincia, autore di alcuni dei contenuti piú ascoltati e apprezzati di questo genere: dai reportage sul campo ai racconti dei piú rilevanti fatti di cronaca, italiani e internazionali. Lo fa con un tono di voce unico, che è quello che incolla lo spettatore alla storia. Ed è proprio la storia il punto di partenza e di arrivo per Pablo, l’elemento cruciale e fondante in cui, spiega, ci si deve immergere senza riserve. 

Partiamo subito da uno dei tuoi ultimi lavori, il podcast originale Sky Italia e Sky TG24 realizzato da Chora Media, Sangue Loro. «Non giustificare ma capire» è quanto pronunciato da uno dei protagonisti, uno dei sopravvissuti all’attentato di Fiumicino del 1985, Ugo Gargiulo, capo scalo della Canadian Airlines. Nel podcast ci spieghi che è proprio questo il motivo che ha spinto te e il coautore Luca Lancise a inoltrarvi in questa storia. Come mai? 

Ci siamo ritrovati ad assumere quell’approccio come metodo di lavoro, quella frase è diventata il motto che abbiamo cercato di seguire. Quando abbiamo a che fare con il male, d’istinto abbiamo la tendenza a giudicare, o condanniamo o giustifichiamo. In realtà la cosa migliore da fare sarebbe sempre sospendere il giudizio e capire. L’assist che Ugo Gargiulo ci ha dato racconta molto il nostro modo di approcciare il lavoro e la vita. 

Il podcast è un racconto lento, fatto di dettagli, diviso anche in puntate, in un mondo “infodemico”, in cui siamo costantemente travolti da informazioni e in cui sappiamo che la soglia dell’attenzione si è ridotta notevolmente. Quali sono, allora, i motivi dietro al successo di questa tipologia di contenuto? 

Abbiamo bisogno di storie, di storie raccontate bene. Non ci bastano i reel su Instagram, i brevi video. Vogliamo racconti profondi, dove entrare, sporcarci e da cui farci assorbire. In questo senso i podcast sono ideali perché, di fatto, incarnano la forma primordiale e piú antica del racconto – quella orale. Il racconto orale è uno strumento antico che ci definisce. Penso sia perciò naturale che le persone lo vogliano ascoltare. Certo, deve essere un racconto molto coinvolgente perché arriva in una società in cui sei pieno di cose da fare, in cui sei sempre in movimento, in cui ti puoi distrarre in qualsiasi momento. 

Come vedi il futuro delle professioni creative con l’avvento dell’intelligenza artificiale generativa? 
 

Mi piace essere romantico in questo – magari non avrò ragione e mi sbaglierò – però secondo me niente può sostituire il fattore umano nella scrittura e nel racconto. C’è bisogno di quello, di calore, di creatività. Ricordiamoci anche che l’intelligenza artificiale la facciamo noi: se nel futuro perderemo, lo faremo contro uno strumento inventato da noi. 

Viaggi molto per lavoro e prendi parte a diversi eventi: come interpreti la crisi climatica e cosa pensi possano fare aziende e organizzazioni in questo senso? Come possono comunicare in maniera efficace il loro impegno? 

Quando si raccontano la transizione ecologica e la crisi climatica credo si debbano trovare forme nuove e diverse di narrazione. Io ci ho provato con un podcast su Mumbai, dove mi sono immaginato il futuro (nda: il podcast, prodotto per Sky TG24 da Chora Media, è Essere umani – Lo spettro di Mumbai sul nostro futuro). Noi siamo abituati a raccontare queste cose in un modo sempre molto simile, una modalità che dopo un po’ diventa ripetitiva e non arriva piú. Bisogna cercare di essere molto creativi nell’affrontare questi temi così delicati, che riguardano il nostro futuro e per cui abbiamo il dovere di arrivare a più persone possibili. Sono anni, decenni che sentiamo parlare di questi temi, ma spesso attraverso cliché e frasi fatte, sempre con qualcosa di già visto e già sentito. Per questo le aziende che vogliono raccontare il proprio impegno in questi termini devono cercare figure creative che abbiano un modo originale di trasmetterli e comunicarli. 

Ci puoi dire qualcosa sul tuo ultimo libro e sui progetti a cui stai lavorando? 
 

Se non muoio domani, edito da DeAgostini e pubblicato lo scorso 14 maggio, è il mio primo libro per ragazzi: qui racconto le storie di tre ragazzi migranti – tre storie molto diverse e intrecciate tra loro. Sto poi portando avanti un grosso lavoro sulla vicenda di Rigopiano per Sky. A settembre, poi, uscirà un altro volume, più intimo e personale, legato alla mia professione e al modo in cui la svolgo. 

Hai poi una miniserie in uscita, Cape town. 
È una docuserie (nda: per Sky Original, su Sky TG24 e Sky Documentaries, e in streaming su NOW, realizzata da Chora Media e con la regia di Paolo Negro) che racconta in tre puntate Capetown, la città col piú alto tasso di omicidi al mondo. Raccontiamo come si vive lì, la violenza quotidiana che scuote i quartieri piú sfortunati della città, ma anche i piú ricchi. A trent’anni dalla fine dell’Apartheid, raccontiamo il sogno di una rainbow nation che purtroppo non si è avverato: è quindi anche il racconto di un fallimento. 

Quali sono, secondo te, le tre skill indispensabili da avere nel mondo del lavoro del futuro – in questo caso per le professioni creative? 

Curiosità, cultura e uno sguardo allenato, da narratore. 

* Il presente articolo è tratto dall’edizione 2024 di LINC, “Post Realtà”, uscita lo scorso giugno. Scarica il pdf qui. (--> link all’articolo di lancio del magazine) 

 

 

Federica Grimoldi è esperta di comunicazione, marketing e giornalismo. Ha lavorato per 5 anni alla CNBC Italia come giornalista di notizie finanziarie, poi ha guidato e gestito dipartimenti di marketing e comunicazione di studi legali internazionali. 

 

 

 

Diplomatosi in Lingue e letterature africane presso la School of Oriental and African Studies di Londra, Pablo Trincia è giornalista, sceneggiatore e autore. Suoi i podcast Veleno, Il dito di Dio – Voci dalla Concordia e Dove nessuno guarda – il caso Elisa Claps.