Dall’espansione dell’intelligenza artificiale (IA) fino al debutto del Piano Mattei per l'Africa. Sono diversi i temi che sono stati al centro del G7 in Puglia e che si intrecciano, in una dinamica di lungo periodo, con il mondo del lavoro, il futuro delle professioni e la produttività.
Partendo dal tema chiave dell’IA, il suo ruolo come driver di trasformazione del lavoro è stato al centro della presidenza italiana al G7 fin dall’inizio, per trovare massimo riconoscimento nella tre giorni pugliese andata in scena dal 13 al 15 giugno. Se da un lato la trasformazione digitale offre grandi opportunità per accrescere la competitività delle nostre economie, e può migliorare le condizioni di lavoro e il benessere dei lavoratori, dall’altro va gestita attentamente. Le potenziali criticità sono diverse: disintermediazione dei rapporti gerarchici, violazione della privacy, discriminazioni indotte da cattiva programmazione delle macchine, fino al rischio di burn out legato a una richiesta eccessiva di prestazioni non mediata dalla sensibilità umana. Nuove sfide che creeranno incertezza nonostante un mercato del lavoro in ripresa. «Il nostro obiettivo è garantire che questa nuova tecnologia nel momento in cui la sviluppiamo rimanga in ogni caso controllata dall’uomo, abbia l’uomo e mantenga l’uomo come suo ultimo fine» ha detto il premier Giorgia Meloni sottolineando l’intervento cruciale del Santo Padre sul tema. «Siamo riusciti – spiega Meloni – a far adottare l’iniziativa, nelle nostre conclusioni, di un marchio che consente alle imprese che adottano un codice di condotta di essere riconoscibili dai cittadini e dai consumatori. Abbiamo avviato, poi, un focus sull’impatto che l’intelligenza artificiale può avere nel mercato del lavoro, consapevoli come siamo che questa rivoluzione tecnologica si riverbererà su tutti i settori e sulla vita potenzialmente di milioni e milioni di lavoratori» sottolinea ancora. «Promuoveremo un’intelligenza artificiale sicura, protetta e affidabile» attraverso un «approccio inclusivo» precisa il documento del G7. «Riconosciamo la necessità di approcci alla governance dell’IA che favoriscano l’inclusione, per aiutarci a sfruttare il potenziale dell’IA in un modo che rifletta questi valori e promuova il suo sviluppo mitigandone i rischi, anche per quanto riguarda i diritti umani».
Cavallo di battaglia del premier Giorgia Meloni, anche il piano italiano per l’Africa è stato protagonista al G7 entrando nella dichiarazione finale. «Il partenariato del G7 per le infrastrutture e gli investimenti globali, comprese iniziative come il Global Gateway UE» si legge «offre un quadro che utilizzeremo per promuovere la nostra visione di infrastrutture sostenibili, resilienti ed economicamente sostenibili in Africa, sostenute da una selezione trasparente di progetti, appalti, e finanza. In questo senso accogliamo con favore il Piano Mattei» recita il documento. In merito, proprio a margine del vertice ufficiale, sono stati annunciati un fondo speciale multi-donatori che partirà da 130 milioni di dollari e un accordo bilaterale tra l’Italia e il Gruppo Banca Africana di Sviluppo in cui Roma ha impegnato 150 milioni di dollari mentre l’istituto africano «riuscirà almeno a eguagliare» l’investimento. Il ruolo dell’Africa è stato al centro delle sessioni di lavoro del summit di Borgo Egnazia, in una scelta coerente con l’approccio del Piano Mattei che vorrebbe il Continente come un partner paritario dell’Europa. Sul tema Giorgia Meloni ha incassato il plauso dei colleghi G7 tanto da riuscire a inserire il riferimento nella dichiarazione finale. Nel G7 è infatti «stato condiviso l’approccio italiano» ha spiegato Meloni, sottolineando come l’Italia «abbia cercato fin dall’inizio di creare un punto di riferimento» per quanto riguarda la linea da seguire nei confronti del continente africano: «Unire gli sforzi – ha detto – per continuare a costruire un modello che contribuisca a far crescere e prosperare l’Africa».
Sull’Ucraina e sulla Cina i sette Grandi hanno mostrato fermezza e una visione per il futuro. Hanno risposto, in tempo reale, alla pseudo proposta di Putin per un piano di pace assolutamente irricevibile, hanno rassicurato Zelensky e sdoganato un’operazione finanziaria per aiuti a Kiev con pochi precedenti. Altrettanto netto è stato poi il monito a Pechino che viene citato 29 volte nel comunicato finale. Pechino deve fermare il suo aiuto alla Russia, affermano i leader, annunciando che estenderanno la portata delle sanzioni per colpire le imprese e le banche, anche in Cina, che stanno aiutando Mosca ad aggirare le sanzioni sui beni e le tecnologie usate nella produzione di armi. Si sottolinea anche come le politiche commerciali di Pechino stiano portando «a distorsioni del mercato e nei tassi di crescita minando lavoratori, industrie e la nostra resilienza e sicurezza economica». Al di là dei valori assoluti, la Cina è un mercato primario per settori specifici dell’industria italiana. Abbiamo insomma una vulnerabilità settoriale, che riguarda per esempio meccanica, farmaceutica e lusso. «Siamo aperti al dialogo ma le nostre imprese devono essere in grado di competere ad armi pari» ha detto annunciando un viaggio in Cina per le prossime settimane. E il dialogo è aperto a molti Paesi con i quali si può percorrere un pezzo di strada insieme. A Borgo Egnazia erano presenti Brasile, Argentina, Algeria, Emirati Arabi, India, Kenya, Turchia, Tunisia, Giordania, Mauritania, oltre alle organizzazioni internazionali. Il tentativo è quello di aprire nuove strade di cooperazione con Paesi che si collocano in quella grande zona grigia tra il gruppo delle democrazie e quello delle autocrazie nel momento in cui la Cina sta cercando di costruire un nuovo fronte antioccidentale – anche intorno ai Brics – corteggiando proprio quei Paesi del cosiddetto Sud globale.