Nel cuore della Sicilia sorge un’isola che va oltre la mera geografia: si tratta di Isola Catania, un Impact Community Hub fondato da Antonio Perdichizzi. Imprenditore sociale, Presidente di Junior Achievement Italia, lavora quotidianamente per l’innovazione, l’inclusione e la partecipazione, soprattutto nel mezzogiorno d’Italia. In quest’intervista Antonio racconta il suo percorso professionale, riflettendo su quale sarà il futuro del lavoro e dell'istruzione e ragionando sulle sfide e le opportunità da cogliere per garantire lo sviluppo dei territori.
Antonio, potresti raccontarci brevemente la tua esperienza professionale e il tuo percorso imprenditoriale?
Ho fondato la mia prima azienda a soli diciotto anni e da allora ho sempre coltivato una passione per l’imprenditorialità. Ho ricoperto ruoli manageriali e ho fondato diverse aziende nel corso degli anni. Una svolta importante nella mia carriera è rappresentata dal percorso decennale in tree, fondata nel 2011 e successivamente entrata a far parte del gruppo internazionale Opinno, di cui sono ora Presidente in Italia. Inoltre, ho sempre nutrito un forte interesse per l’imprenditorialità sociale e l’associazionismo, arrivando a ricoprire incarichi significativi come la presidenza dei giovani di Confindustria a Catania e oggi della Piccola Industria, il comitato che rappresenta tutte le Piccole e Medie Imprese. Questa passione mi ha portato a fondare Isola Catania nel 2020, un progetto che rappresenta un ibrido tra il mondo profit e quello no profit, focalizzato sull’educazione e sull’innovazione sociale.
Parliamo di Isola Catania: cosa rende così speciale questo progetto e quali sono i suoi obiettivi?
Isola Catania non è solo un luogo, è un vero e proprio incubatore di talenti, un crocevia per il lavoro remoto e un polo per l’innovazione e l’imprenditorialità sociale. Nata nel 2020, in un momento storico in cui oltre 100.000 south workers rientravano in Sicilia durante la pandemia, Isola è diventata velocemente un punto di riferimento per aziende e organizzazioni desiderose di creare un impatto positivo nel Sud Italia. Qui mettiamo alla prova il futuro del lavoro: implementiamo modelli ibridi di organizzazione dei ruoli e cerchiamo di comprendere le conseguenze della tecnologia – una su tutte, l’Intelligenza Artificiale – sulle professioni. Dopo quasi tre anni, il progetto è pronto per crescere in una direzione ben definita: generare impatto per questo territorio. Le quattro sfide che abbiamo scelto di affrontare sono l’istruzione, le competenze lavorative, l’imprenditorialità e la cultura e creatività.
Make in South è un faro di creatività e connessioni, un’opportunità unica per celebrare il cambiamento in atto nel Sud e creare legami significativi tra persone provenienti da ogni angolo del mondo. È un momento di ispirazione e collaborazione, un vero catalizzatore per l’innovazione nel Meridione. Si tiene quattro volte all’anno, così come l’avvicendarsi delle stagioni, e ha avuto inizio nell’estate del 2021. La prossima edizione sarà la dodicesima, un’intera settimana di eventi e appuntamenti. Durante questi incontri approfondiamo temi diversi per ogni giorno della settimana, dove chi già conosce Isola incontra chi invece viene a trovarci per la prima volta e insieme si affrontano diversi argomenti. Oltre a questo, prevediamo numerose attività culturali come mostre, esposizioni o performance artistiche.
Come definiresti il concetto di “fare al Sud”?
“Fare al Sud” vuol dire investire, creare, attrarre e connettere. È un impegno per costruire realmente un futuro sostenibile e inclusivo nel Sud Italia, un invito a essere parte attiva della rinascita della nostra terra. È importante comprendere che lavorare al Sud non significa solo operare fisicamente in Sicilia, ma anche contribuire al suo sviluppo da qualsiasi parte del mondo. Questo è un fenomeno concreto: le persone possono vivere qui e lavorare per aziende sparse in tutto il mondo o lavorare per il bene della Sicilia ovunque si trovino. È cruciale mantenere al centro dell’attenzione questo territorio straordinario. Le idee e i progetti che possono svilupparsi qui richiedono un coinvolgimento importante del settore privato, da affiancare efficacemente agli interventi pubblici. Le persone che cercano di prendersi cura della Sicilia lo fanno dedicando parte del loro tempo a progetti concreti, portando così avanti le proprie idee. Ogni siciliano in giro per il mondo può scegliere di restituire al territorio portando qui opportunità come investimenti, eventi o assumere persone che possono lavorare in remoto, mettendo quindi la Sicilia al centro delle proprie iniziative e promuovendone uno sviluppo straordinario. Si può lavorare in Sicilia, dalla Sicilia o per la Sicilia.
Quali sono, secondo te, le caratteristiche che più contraddistinguono l’ultima generazione che si sta affacciando oggi al mondo del lavoro?
La Generazione Z porta con sé freschezza, innovazione e una visione di un futuro migliore. Il loro impegno per la sostenibilità e l’inclusione è fondamentale se vogliamo davvero plasmare un mondo del lavoro equo e dinamico. Trovo estremamente affascinante osservare le diverse generazioni che entrano nel mercato del lavoro e notare come cambino i valori, l’approccio e la predisposizione alla professione che si svolge. Troppo spesso tendiamo a guardare le cose solo dal nostro punto di vista, non mettendoci in discussione. Questa generazione ha avuto senza dubbio il merito di portare all’attenzione di tutti argomenti quali il cambiamento climatico, il rispetto delle differenze, l’attenzione al cosiddetto purpose e l’equilibrio tra lavoro e vita personale.
Come si può creare un dialogo intergenerazionale davvero proficuo?
Non bisogna solo portare il proprio punto di vista, è importante generare e costruire insieme. È fondamentale coinvolgere attivamente queste generazioni e collaborare per creare idee e progetti da implementare in condivisione. Solo in questo modo è possibile fare la differenza. Lavorare “gomito a gomito” con i professionisti più giovani è indispensabile, non è più sufficiente interpellarli dalla platea.
Cosa rappresenta per te il termine innovazione?
L’innovazione è più di un semplice aspetto tecnico, è una mentalità, un’attitudine in grado di innescare il cambiamento. Ogni giorno ci impegniamo a pensare in modo diverso, mettendoci alla prova e accettando il fallimento come parte integrante del processo di apprendimento. Per me l’innovazione è sfidare il modo tradizionale di fare le cose. Richiede sforzi considerevoli, curiosità e coraggio: questo per me è ciò che definisce l’innovazione. Ciò che mi affascina di più è il processo innovativo in sé: trovo molto interessante esplorare le frontiere del nuovo in termini culturali e sociali, per cambiare il modo in cui solitamente operiamo. L’innovazione non riguarda solo gli aspetti tecnologici, ma è un approccio alla vita, applicabile sia nel mondo degli affari che nella vita di tutti i giorni. È fondamentale imparare anche dalle nostre sconfitte, perché è quello che ci permette di crescere e migliorare.
Formazione, competenze e ruolo dei giovani. Guardando all’istruzione italiana in che settori bisogna intervenire?
Ciò di cui abbiamo veramente bisogno è un approccio autentico e pervasivo all’apprendimento continuo e alla riqualificazione delle nostre persone. È importante riconoscere che le competenze di base e i concetti a queste collegati sono un’infrastruttura fondamentale, ma ciò che veramente conta è quello che ci costruiamo sopra. Ritengo sia necessario integrare una didattica sempre più esperienziale per fare progressi significativi.
Isola ha visto la luce nel 2020. Come è possibile trasformare quella particolare circostanza in veri asset per i territori del Sud?
Il Sud è un tesoro da scoprire, un’opportunità da coltivare. Attraverso investimenti mirati, collaborazioni strategiche e una mentalità aperta all’innovazione, possiamo trasformare questi fenomeni sporadici in molteplici motori di crescita e sviluppo dei territori. È necessario un coinvolgimento responsabile da parte di tutti gli attori coinvolti. Le amministrazioni locali non possono trovare da sole le soluzioni, spetta anche alle organizzazioni private partecipare a processi generativi di miglioramento del territorio, creando un humus fertile a livello culturale e sociale.
Quali sono per te le parole chiave che riassumono il futuro del lavoro?
Le parole chiave con cui riassumerei il futuro del lavoro le prendo in prestito dal codice etico di Isola, sono quattro e sono all’interno del termine cura: coinvolgimento, uguaglianza, responsabilità, avanguardia. Tutte le persone devono sentire una vera responsabilità nei confronti di tutti gli aspetti della sostenibilità. È essenziale avere un atteggiamento propositivo, guardare avanti, innovando costantemente e mantenendo una passione per la scoperta di ciò che ancora non conosciamo. Questi principi guideranno il modo in cui lavoriamo e ci impegniamo nel mondo del lavoro, promuovendo una cultura inclusiva, attenta e orientata al futuro.