Riduzione delle emissioni, trasmissione delle competenze richieste, formazione dei professionisti, innovazione del mercato del lavoro, massicci interventi in campo economico e finanziario: raggiungere gli obiettivi di sostenibilità sanciti dai numerosi accordi internazionali siglati a proposito comporta numerose sfide e richiede adattamenti importanti, a partire dal modus operandi di imprese e manager. Una visione di ampio respiro e in grado di comprendere l’urgenza degli interventi richiesti è ciò che serve per arrivare preparati ai prossimi appuntamenti mondiali sul tema. A sostenerlo è Francesco Perrini, Associate Dean for Sustainability di SDA Bocconi School of Management.
La transizione verso un’economia a zero emissioni nette ha già profonde implicazioni in termini di occupazione, influenzandone sia il livello che la composizione. Gli impatti sono molteplici e molto diversi tra loro. Proviamo a fare una prima tassonomia, una “categorizzazione” degli impatti.
La riduzione delle emissioni nette globali a zero entro il 2050 cambierà drasticamente l’economia mondiale, trasformando il ruolo della forza lavoro. Non agire preventivamente a sostegno dell’ambiente rischia, invece, di rallentare la crescita economica e impattare negativamente i livelli di occupazione. Sono 800 milioni i posti di lavoro in tutto il mondo – circa il 25% dell’attuale forza lavoro globale, secondo recenti stime – altamente vulnerabili al cambiamento climatico e al suo impatto sull’economia. Il report della Banca Centrale Europea The Road to Paris: stress testing the transition towards a net-zero economy (La strada verso Parigi: stress test per la transizione verso un’economia a zero emissioni) fornisce tre scenari relativi a tre ipotesi di transizione in chiave di evoluzione economica e finanziaria nell’orizzonte temporale che va dal 2023 al 2030. La transizione accelerata è il primo dei tre scenari considerati. Si ipotizza la possibilità che l’attuale crisi energetica possa favorire e appunto accelerare una green transition sia a livello energetico che sul piano economico. Un percorso tale da permettere all’area dei paesi UE di raggiungere entro il 2030 i target di riduzione delle emissioni in linea con gli Accordi di Parigi, per limitare l’aumento della temperatura a +1,5°C entro la fine del secolo. Questa transizione accelerata porta benefici a tutti: alle imprese, alle famiglie e al sistema finanziario. In questo scenario la capacità di gestire uno sviluppo economico in grado di ridurre le emissioni per arrivare a zero entro il 2050 permette di ridurre i costi energetici e i rischi finanziari. Il secondo scenario prevede un ritardo nella transizione green che in ogni caso prende consistenza nel 2025. Tale ipotesi potrebbe essere irrobustita da interventi e iniziative importanti ma comunque sufficienti per raggiungere i target di Parigi entro il 2030. Lo scenario numero due impone di agire a livello di riduzione delle emissioni con interventi speciali che avrebbero un impatto economico e finanziario importante. Nel terzo scenario, la transizione arriva in ritardo e non si recupera. È necessario, quindi, affrontare il cambiamento climatico con una transizione attiva, sinergica e globale che permetta di raggiungere il target net-zero e favorire contestualmente la crescita economica e occupazionale.
Lo studio sul tema di ManpowerGroup – Building Competitive Advantage with A People-First Green Business Transformation – mostra che le aziende sono in difficoltà: il 94% non ha i professionisti necessari e il 75% non trova i talenti di cui ha bisogno per raggiungere i propri obiettivi ESG. A livello globale, solo 1 lavoratore su 8 possiede più di una competenza green, Italia tra i Paesi che presentano le maggiori carenze di competenze. Quanto sono pronte le aziende ad affrontare questo processo di trasformazione e che parte dovrebbero fare dal lato loro?
Le grandi sfide ambientali e sociali sono diventate questioni strategiche per le imprese di tutto il mondo e i nuovi piani di investimento comunitari (e non solo direi) hanno sempre più l’obiettivo di incrementare la sostenibilità e creare un’economia climaticamente neutra, competitiva e inclusiva. Tali sfide stanno influenzando le pratiche commerciali e stanno creando nuove opportunità e modelli di business spinti dalle nuove politiche ambientali, dalla crescente attenzione dei consumatori e dalle maggiori pressioni della comunità finanziaria. Tale trasformazione ha reso evidente che una strategia sostenibile non solo aiuta le aziende a crescere e prosperare, ma genera anche valore di lungo periodo a vantaggio di tutti gli stakeholder e delle generazioni future. Le imprese dovrebbero essere lungimiranti e dovrebbero affrontare questo processo di trasformazione nel migliore dei modi, ovvero integrando il concetto di sostenibilità nel DNA aziendale e dovrebbero realizzare un piano strategico guidato da criteri ESG (Environmental, Social and Governance). Ovviamente, è necessario fornire ai manager e agli imprenditori le teorie, gli strumenti metodologici e le pratiche idonee per poter comprendere a fondo e agire con efficacia in questa nuova dimensione.
La formazione, compresa quella universitaria e post-universitaria, gioca un ruolo molto rilevante nel preparare ai cosiddetti green jobs. In Italia sembra che siamo ancora lontani dall’eccellenza. È così? Ci sono delle best practice a cui guardare?
La necessità di formare professionisti con competenze green è avvertita anche nel nostro Paese. I green jobs sono tutte quelle professioni legate alla sostenibilità, al benessere e alla tutela del pianeta. Si tratta, dunque, di lavori del futuro con una forte vocazione etica, che offrono brillanti opportunità in vari settori quali: settore manifatturiero, dell’agricoltura, delle costruzioni, dell’amministrazione pubblica e dei servizi, contribuendo in maniera decisiva a preservare la qualità e l’integrità dell’ambiente. Diversi enti universitari e professionali stanno promuovendo corsi di formazione. SDA Bocconi è stata pioniera in tale campo, istituendo diversi corsi executive e master per fornire alle imprese e ai professionisti le competenze per comprendere e affrontare le grandi sfide ambientali e sociali, declinando la sostenibilità̀ all’interno del business e identificando e rafforzando le decisioni strategiche lungo l’intera catena del valore. Su tali risorse e competenze c’è una vera e propria guerra dei talenti.
Uno sguardo al futuro. Guardando al mercato del lavoro tra un decennio, quali saranno stati, per quello che possiamo capire adesso, i cambiamenti a cui sicuramente assisteremo?
Il mercato del lavoro è una realtà estremamente complessa e in continua evoluzione. I settori lavorativi del futuro saranno sempre più orientati alle innumerevoli opportunità di innovazione, offerte dalla diffusione delle nuove tecnologie digitali e dal progresso scientifico. Allo stesso modo, un’attenzione sempre più crescente sarà rivolta ai mestieri emergenti nell’ambito della sostenibilità ambientale e dell’economia aziendale. I green jobs rappresentano una nuova prospettiva d’impiego e richiedono professionalità dotate di conoscenze trasversali.
Daniele Moretti: Vicedirettore di Sky TG24, per il quale lavora dalla sua fondazione. Oltre al coordinamento della redazione, ha curato e diretto speciali e approfondimenti, firmando 10 documentari. Tra i progetti curati, la copertura delle elezioni americane del 2004 e 2008, il ciclo di speciali dedicati all'allarme climatico nel 2007 e reportage sull'ambiente e la scienza in ambienti estremi