Workmates,  professionisti a confronto

Questo articolo – una doppia intervista a due professionisti di età diversa – riprende l’impostazione di Workmates, il podcast di ManpowerGroup Italia dedicato alle cinque generazioni presenti oggi nel mondo del lavoro, alle loro differenze o similitudini. La prima stagione è disponibile su Spotify: ascolta i primi sei episodi qui. (--> link al profilo Spotify di ManpowerGroup) 

Il dibattito sull’intelligenza artificiale può assumere sfumature diverse a seconda della generazioni? L’anno di nascita determina, in qualche modo, l’approccio che ognuno di noi ha nei confronti di questa tecnologia? Per rispondere a questi e altri interrogativi, due professionisti – impegnati in settori diversi e con ben 26 anni di differenza – si sono confrontati.  

Si aggira questo spettro, inafferrabile se non inquietante, ancora per lo più incomprensibile – o incompreso; ma si aggira dove? Per l’Europa, per il mondo. Ma non solo: per le case, nei telefoni cellulari di tutti, nei giochi che maneggiano i più piccoli. Non vola, non serpeggia sferragliando come nell’immaginario gotico di inizio Novecento, ma ha a che fare ogni giorno con chiunque maneggi il pensiero, lo sviluppo di qualcosa. 

L’intelligenza artificiale ha preso oggi il posto di quei ribelli o rivoluzionari di cui non si riusciva mai a dire se fossero un bene o un male per il Paese, per il futuro. Scienziati e politici, economisti, storici e opinionisti hanno aperto già diversi fronti di discussione. Tra la paura per l’ignoto, il terrore fantascientifico che qualcosa di sviluppato dall’uomo possa dominare l’uomo, e la più ardente curiosità, anche noi ci siamo domandati se chi per lavoro pratica l’arte, l’invenzione o persegue la creatività si senta o meno minacciato dall’IA, e se possa esistere una differenza di percezione a seconda dell’anno di nascita, della generazione di appartenenza

Arianna Consiglio è nata a Catania nel 1996, fa parte di quella Generazione Z formata da adolescenti e giovani adulti. Si tratta di persone complesse, che si stanno affacciando al mondo del lavoro nella fase più nebbiosa e indefinita degli ultimi cinquant’anni; sono nati sostanzialmente digitali e sono loro i primi appartenenti alla cosiddetta cultura globale: esigenti, estremamente salutisti e ambientalisti. Consiglio, ha deciso da subito, dopo gli studi, di volersi dedicare alla cucina. Corso base alla Scuola Internazionale di Cucina Italiana Alma e primi stage ed esperienze formative. A Milano incontra un genio della ristorazione, lo chef Matias Perdomo che, insieme a Simon Press, la accoglie da Contraste, una luce originale e unica nel mondo della ristorazione. «In realtà non credo che l’IA avrà qualche tipo di effetto negativo sulla nostra quotidianità» ci dice Arianna. «Al momento quando ne sento parlare provo sentimenti neutrali, né di paura né di grande entusiasmo. Penso che sia semplicemente la naturale evoluzione del progresso umano». Arianna Consiglio ha meno di trent’anni ed è grazie alla sua anagrafica che sembra riuscire a scindere con precisione e senza troppe difficoltà l’apparato pratico, relativo al suo settore, da quello creativo: «Quando penso agli effetti di questo progresso estremo sulla gastronomia non li vedo negativi o impattanti, probabilmente sarà tutto utile per il settore industriale, ma credo che per l’alta gastronomia di nicchia non farà la dif- ferenza. Penso, per esempio, che l’IA possa essere d’aiuto per snellire il processo, per agevolare il lavoro del cuoco nella sua parte organizzativa, ma che non toglierà nulla alla parte romantica e creativa di questo mestiere». 

Da questo punto di vista la sua filosofia e la sua visione del mondo non sono dissimili da quelle di Paolo Zardi, geniale scrittore padovano, classe 1970, già due volte in lizza per il Premio Strega e vincitore di numerosi premi e riconoscimenti. Zardi, che affianca la professione letteraria a quella di ingegnere, appartiene alla Generazione X, i nati tra il 1965 e il 1980 che oggi si trovano nel pieno della vita professionale. Sono il cosiddetto pilastro dell’economia e non sono vergini davanti al grande progresso tecnologico (il primo uomo sulla luna, il primo computer, i primi vagiti del world wide web, il primo telefono cellulare). «Il sentimento dominante che provo davanti all’IA è, senza ombra di dubbio, una grande, elettrizzata curiosità» ci racconta Zardi. «Ci aiuterà a definire cos’è, in concreto, l’intelligenza umana, separando i processi meccanici da quelli strettamente creativi; capiremo meglio quali sono le nostre caratteristiche esclusive che non potranno mai essere riproducibili da un supporto diverso dalla nostra materia grigia. Per Nabokov, nessuna macchina avrebbe mai vinto una partita a scacchi contro un essere umano, perché riteneva che il gioco degli scacchi appartenesse al mondo delle arti, dove una calcolatrice, per quanto evoluta, non avrebbe mai trovato posto: il suo errore, tuttavia, non stava nel sottovalutare la potenza di calcolo delle macchine del futuro, ma nel sopravvalutare il tipo di qualità necessarie per giocare a scacchi». 

Le analogie di pensiero tra i nostri due ospiti vanno anche oltre. «Sicuramente, come ogni volta che abbiamo a che fare con qualcosa di nuovo e mai visto, ci sarà la necessità di creare regolamenti appositi e controlli mirati» dice Consiglio «affinché il non conosciuto non diventi non controllato, ma credo che opporsi non porterà a nessun risultato. A mio avviso bisogna accogliere la novità e creare un contorno in grado di inserirla e adattarla al nostro quotidiano». 

Dice infatti Zardi: «Tutte le evoluzioni tecnologiche hanno spazzato via interi settori produttivi che si basavano sulla mera forza umana. Nei romanzi di Dickens si intravedono sullo sfondo centinaia di lampionai che ogni sera girano per le strade di Londra ad accendere le lampade a gas, e ogni mattina ritornano a spegnerle. L’illuminazione elettrica segnò la fine dell’unica fonte di sostentamento di quei lavoratori, ma, molto cinicamente, una volta che quella generazione è sparita – la linea del tempo avanza inesorabile – nessuno si è più lamentato». 

Trattiamo la questione più affascinante e complessa, quella legata alla creatività, che equivale a provare a determinare fin dove si possa spingere l’uso dell’IA e se esistano limiti. «La difesa del lavoro creativo – di quella particolare dimensione, probabilmente sopravvalutata, del lavoro creativo – è una battaglia persa in partenza» riflette Zardi. «Se esiste un modo per sostituire una persona con una mac- china, quel modo prima o poi verrà trovato, e subito dopo applicato. Per i prossimi vent’anni ci saranno problemi importanti: si dovrà ammettere, spesso dolorosamente, che molte delle attività che ritenevamo basate sulla creatività umana erano mere ripetizioni di cose già viste, già scritte. In 1984 non si parla solo di dittature e neolingua: la musica che ascoltano i personaggi del romanzo di Orwell è creata da un embrione di intelligenza artificiale che compone canzonette popolari. Il punto è che una canzone creata da una macchina non porta con sé alcuna delle qualità che sono invece specifiche dell’essere umano. Posso immaginare facilmente un algoritmo in grado di scrivere canzoni che sembrino scritte dai Beatles; credo invece che nessun algoritmo sarà in grado di imprimere un cambiamento nella storia della musica che abbia la stessa portata dell’opera dei Fab Four, in termini di innovazione». 

Arianna Consiglio: «Io non credo che l’evolversi della tecnologia potrà mai rimpiazzare del tutto le arti. Non si arriverà mai al punto di annullare la componente umana e romantica di questi mestieri. Leggerei volentieri, per esempio un libro generato da IA; lo farei senza pregiudizi e anzi con grandissima curiosità. Penso anche che molte professioni artistiche oggi vengano già messe da parte dall’uomo, non siano più prese in considerazione; sono strade che vengono percorse sempre meno per scelta personale e quindi non trovo giusto demonizzare una tecnologia che potrebbe inserirsi in un campo che noi comunque sottovalutiamo». 

Il cinquantaquattrenne Zardi: «Kasparov, uno dei più grandi campioni di scacchi di tutti i tempi, dopo essere stato sconfitto da un computer alla fine degli anni Novanta ha affrontato molto lucidamente il tema dell’intelligenza artificiale, arrivando a dire che, ogni volta che una macchina riesce a compiere bene un’attività umana, la conclusione da trarre è che forse quell’attività non richiede davvero la “nostra” intelligenza specifica. Ecco, io sono curioso di capire fino a dove si potrà spingere l’IA, perché i suoi confini sono quelli che definiscono la nostra intelligenza». 

 

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Stefano Sgambati è scrittore, autore e host radiofonico.

 

 

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